Ambiente

Con cucina italiana patrimonio Unesco fino +18 milioni presenze – Business

 – Se la cucina italiana dovesse essere proclamata patrimonio mondiale – il primo parere tecnico positivo sarà sottoposto alla decisione finale del Comitato intergovernativo che si riunirà in India a New Delhi dall’8 al 13 dicembre – l’impatto sulle presenze turistiche sarebbe immediato con incrementi realistici tra il 6% e l’8% nei primi anni successivi al riconoscimento, per poi assestarsi su una crescita più moderata, tra il 2% e il 3%, nell’arco dei cinque anni successivi. Emerge dalle stime elaborate da Fiepet Confesercenti su dati Banca d’Italia, Unioncamere e Movimprese, e diffuse in occasione dell’assemblea nazionale per la riconferma di Giancarlo Banchieri alla guida dell’associazione di categoria.

   Complessivamente, è possibile che la spinta generi circa 18 milioni di presenze turistiche in più in due anni. Oltre all’aumento dei visitatori, si aprirebbe un ventaglio di opportunità economiche e culturali. La dieta mediterranea, spiega la Fiepet, troverebbe un nuovo slancio internazionale; le tipicità locali e i territori di produzione delle eccellenze potrebbero beneficiare di un’attenzione rinnovata; crescerebbe la domanda per modelli di alimentazione sana, insieme al potenziale di espansione dell’export agroalimentare. Si tratterebbe, in sintesi, di una leva promozionale di valore incalcolabile per migliaia di imprese della ristorazione, dell’agroalimentare e dell’accoglienza.

   “Alcuni benefici sarebbero quasi automatici” osserva Giancarlo Banchieri, presidente nazionale Fiepet Confesercenti. “Un riconoscimento Unesco agirebbe da moltiplicatore per turismo, economia e immagine del Paese. Ma perché questa spinta si traduca in sviluppo reale servono politiche lungimiranti: semplificazione amministrativa, sostegno agli investimenti, formazione qualificata e regole stabili per le imprese che ogni giorno rappresentano l’Italia. E c’è un tema che non possiamo più eludere: un’impresa della ristorazione su due fatica a trovare personale, non solo per carenza di candidati, ma per mancanza di competenze adeguate.

   Le imprese hanno bisogno anche di lavoratori provenienti dall’estero, ma occorre un passo in avanti deciso: serve lavorare sulla formazione fuori dai confini nazionali e serve un sostegno concreto, perché finora abbiamo fatto tutto da soli. Senza un intervento strutturale, il divario tra domanda e offerta continuerà a frenare il settore proprio mentre le opportunità crescono”.
   

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