The Verve – La TOP 10 Brani

Il clamoroso ritorno degli Oasis, baciati da uno straordinario successo di pubblico accorso ai concerti, ha riacceso i riflettori sul britpop, mostrando una volta di più che dietro alle mode dell’epoca e all’indubbia spinta di certa stampa ci fosse eccome della sostanza, musicalmente parlando.
Ma non di sola nostalgia si tratta, se è vero che ben prima dei fratelli Gallagher si erano riuniti, con tanto di solidi nuovi lavori discografici (salutati con grande plauso della critica), i rivali storici Blur, per non dire dei Suede (che stanno, loro sì, vivendo una seconda giovinezza artistica), e più di recente i Pulp.
Ecco servito quindi il riconosciuto poker d’assi del genere: quando si pensa al britpop i primi nomi che vengono in mente sono sempre questi, inutile girarci attorno.
Per gli appassionati però viene naturale entusiasmarsi anche per i concerti dei riformati Gene o ascoltare con interesse i nuovi lavori dei Kula Shaker, degli Shed Seven o dei Manic Street Preachers.
Insomma, tanti di questi eroi degli anni novanta sono ancora in auge, e allora perché non sperare – nonostante si tratti più che altro di un sogno – che anche i Verve possano un giorno ritrovarsi in uno studio di registrazione o sopra un palco per suonare di nuovo insieme?
D’altronde, anche se spesso non vengono citati quando ci si riferisce a questo filone – forse perché erano meno etichettabili, oltre che diversi in parte per look e background – ci fu un momento, precisamente nel ’97, in cui avevano scavalcato tutti i big d’Albione nei gusti della gente, e questo senza bisogno di confezionare inni super pop (come ad esempio “Parklife”, “Common People” o “Alright”), ma grazie soprattutto a canzoni divenute dei classici tout court capaci di segnare un’epoca e rimanere impressi nella memoria collettiva.
La vicinanza ai Gallagher, cui era legato da un rapporto di stima e amicizia (certificato nella struggente dedica “Cast No Shadow”), ha permesso a Richard Ashcroft di aprire i loro concerti in questo infuocato 2025 e come ovvio che fosse la standing ovation è stata riservata ai capolavori dei Verve, più che ai brani del suo percorso da solista.
E per quanto la carriera del Nostro – che di recente ha pubblicato il suo settimo album di inediti – sia tutt’altro che disprezzabile, a noi per celebrare il suo annunciato tour che prenderà avvio nel Regno Unito nel marzo 2026 è tornata la voglia di fare un tuffo nella storia dei Verve, attraverso le loro canzoni più significative.
Ecco quindi di seguito la Top 10 Brani:
BONUS TRACK. BITTER SWEET SYMPHONY
1997, da “Urban Hymns”
Ebbene sì, partiamo da lei, dalla celebre canzone che sancì il passaggio dei Verve da band alternativa emergente a superstar del pop mainstream, ma la inseriamo a parte, proprio perché fuori categoria in quanto a successo ottenuto e a riconoscimenti.
Tutto partì dalla geniale idea di riprendere un frammento di un vecchio brano dei Rolling Stones (nella versione orchestrale della Andrew Oldham Orchestra), Jagger e Richards per molti anni godettero appieno dei diritti d’autore ma alla fine, dopo lunga controversia legale, nel 2019 vi rinunciarono, dando così la piena paternità dell’opera a Richard Ashcroft e soci. Su questo campionamento il gruppo costruì una melodia incalzante, di quelle che ti si appiccicano in testa e non ti mollano più.
E che dire dell’iconico videoclip mandato in altissima rotazione sui canali musicali? Anche quello ha fatto storia! Insomma, tutto ha contribuito a rendere unico e speciale questo brano.
10. APPALACHIAN SPRINGS
2008, da “Forth”
Dall’ultimo album di inediti, che segnava il ritorno del gruppo (momentaneo, visto che poi si sarebbe sciolto l’anno successivo), scegliamo questo pezzo posto alla fine della scaletta, caratterizzato da un grande crescendo musicale, un po’ come i fuochi d’artificio che chiudono in bellezza lo spettacolo.
9. ON YOUR OWN
1995, da “A Northern Soul”
Si tratta di una ballata agrodolce, malinconica e dai toni intimisti, uscita come secondo singolo di un album concepito in un’atmosfera invero tutt’altro che serena e rilassante.
8. THIS IS MUSIC
1995, da “A Northern Soul”
Primo estratto di “A Northern Soul”, sembra riallacciarsi più al mood chitarristico e ombroso del precedente, anche se in realtà il sound si fa meno avvolgente, risultando infine più solido e diretto.
7. LUCKY MAN
1997, da “Urban Hymns”
Dopo il boom di “Bitter Sweet Symphony”, “Lucky Man” è molto probabilmente l’altro singolo che meglio rappresenta “Urban Hymns”. Lo fa in virtù di una melodia molto efficace, un testo tra i più semplici se vogliamo partoriti dalla mente di Ashcroft e una musica davvero coinvolgente, arricchita da quegli archi che in fase di arrangiamenti furono tra le carte vincenti dell’intero disco.
6. BLUE
1993, da “A Storm in Heaven”
Questo brano, scelto per anticipare l’album di debutto dei Nostri, è perfetto per sintetizzare i tratti principali della loro proposta artistica agli albori della carriera. Il suono è tanto urgente quanto ondivago, la psichedelia si abbellisce di rimandi shoegaze e nel video dei poco più che ventenni Richard Ashcroft, Nick McCabe, Simon Jones e Peter Salisbury sembrano sballati il giusto!
5. HISTORY
1995, da “A Northern Soul”
Letto a posteriori, si potrebbe considerare “A Northern Soul” come un disco di transizione dei Verve, tra le sperimentazioni rock del debutto e il pop rock più accessibile del terzo album, quello che li consacrò presso il grande pubblico.
All’epoca in molti rimasero un po’ delusi del risultato, ma ascoltando un episodio come “History” ci si rende conto che la band era a tanto così dal trovare la “formula perfetta”, visto che qui gli ingredienti sono miscelati davvero ottimamente, e il tratto sinfonico sa già fare la differenza.
4. SONNET
1997, da “Urban Hymns”
Quegli arpeggi acustici a introdurre il pezzo sono impossibili da scordare e bastavano già a mandare in estasi i fans ogni volta che la canzone veniva eseguita dal vivo.
“Sonnet” rimane delicata per gran parte della sua durata, ammalia e culla l’ascoltatore, fin quando non fa capolino Nick McCabe con la sua splendida chitarra a rendere l’atmosfera elettrica, accompagnando un canto sempre più appassionato nota dopo nota.
3. SLIDE AWAY
1993, da “A Storm in Heaven”
Paradigmatica della prima fase della band, “Slide Away” alterna sapientemente momenti riflessivi, dove la musica rimane quieta e in ebollizione, e altri in cui il tutto deflagra tra poderose e sinistre stilettate chitarristiche.
2. GRAVITY GRAVE
1992, da “The Verve E.P.”
Tra le primissime composizioni dei Verve, è il secondo singolo dell’Ep che inaugura il percorso dei quattro giovani musicisti di Wigan, mettendo in luce ogni aspetto saliente della loro proposta, dai ritmi dilatati a un sound ipnotico e avvolgente, dai riverberi psichedelici a una voce che sa comunque già distinguersi per il tratto caldo e melodico.
1. THE DRUGS DON’T WORK
1997, da “Urban Hymns”
Il punto più alto di una carriera costellata da canzoni di spessore la band l’ha toccato con questa ballata struggente, capace finanche di commuovere.
I versi di Richard Ashcroft sono sentiti e autentici nella loro disarmante sincerità e consapevolezza e l’arrangiamento d’archi conferisce ulteriore solennità rendendo il tutto indimenticabile.
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