nasce un nuovo gruppo tutto musulmano
A Roma c’è un nome nuovo che ha iniziato a circolare sottovoce, passando di chat in chat, di riunione in riunione.
Un gruppo appena nato, non ancora un movimento, sicuramente non un partito, ma con l’ambizione di far sentire la propria voce nel grande frastuono della politica cittadina.
Si chiama “MuRo 27 – Musulmani per Roma 2027” e punta a ritagliarsi uno spazio nel dibattito che porterà all’elezione del prossimo sindaco.
L’annuncio arriva in un momento particolare. A New York, dall’altra parte dell’Atlantico, è stato appena eletto il primo sindaco musulmano, Zohran Mamdani.
Una notizia rimbalzata ovunque, amplificata fino a creare un clima che, in Italia, ha acceso entusiasmi e timori.
C’è chi l’ha salutata come un segno dei tempi e c’è chi, all’opposto, ha reagito come se quella vittoria potesse replicarsi automaticamente anche qui, trasformando una semplice novità in un potenziale allarme.
«Non siamo un partito» chiarisce subito Francesco Tieri, ingegnere italiano convertito all’Islam, tra i fondatori dell’iniziativa. «Vogliamo proporre argomenti nella discussione politica prima che si irrigidisca. È vero, siamo dentro un “momento Mamdani”, ma la nostra ambizione è far emergere il musulmano come soggetto politico e non più come oggetto di dibattito».
Secondo il gruppo, la comunità musulmana romana — circa 120 mila persone, di cui almeno 40 mila cittadini italiani — può contribuire con la propria voce al confronto pubblico, partendo dai valori e dalle esigenze reali presenti nei quartieri della Capitale.
Non esiste ancora un manifesto completo, ma alcuni punti sono già definiti. Tieri elenca priorità sociali come il contrasto a dipendenze da alcol, droghe e gioco d’azzardo, e torna su un tema rimasto sospeso da anni: l’applicazione dello Statuto che prevede l’elezione dei consiglieri aggiunti, cioè rappresentanti delle comunità straniere residenti.
Un meccanismo che funzionò fino alla giunta Alemanno — che mantenne in carica i consiglieri eletti durante l’era Veltroni — per poi scomparire dalle agende.
Né Marino, né Raggi, né Gualtieri lo hanno ripristinato. «Una metropoli del terzo millennio deve utilizzare strumenti di partecipazione inclusivi» sottolinea Tieri. «La nostra è una città multietnica, non può ignorarlo». Come prevedibile, la nascita del gruppo ha generato reazioni contrastanti.
Tra le più dure quella dell’eurodeputata leghista Anna Maria Cisint, che parla di “deriva pericolosa” e paventa l’ipotesi che un partito musulmano possa voler applicare la Sharia o minare i valori occidentali. Invoca persino lo “scioglimento immediato”.
Una richiesta difficilmente praticabile, visto che MuRo 27 non è un partito e non ha una struttura formale da sciogliere.
La vicenda, nel frattempo, ha già aperto un dibattito più ampio: sul ruolo delle comunità religiose nello spazio pubblico, sulla rappresentanza dei residenti stranieri e sul futuro politico di una città che cambia.
Roma, ancora una volta, diventa terreno di confronto tra paure, aspirazioni e nuove identità che chiedono di essere ascoltate.
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