Marche

nelle Marche ne mancano 238

ANCONA Una professione che dovrebbe essere alla base della medicina territoriale, l’anello più forte, quello più vicino ai cittadini. E che invece rimane ingolfata in normative che cambiano continuamente, burocrazia senza fine, lotte di potere interne ai sindacati e l’enorme difficoltà nel riparare agli errori di programmazione del passato. Questa, in sintesi, la condizione dei medici di famiglia nelle Marche.

Le difficoltà

«I giovani questo lavoro non vogliono più farlo. Veniamo da anni di programmazione sbagliata e non possiamo scandalizzarci davanti a questi numeri». Fabrizio Valeri, presidente del sindacato Snami, che rappresenta i medici di base nelle Marche, certifica e sciorina le cifre da brividi della professione in Regione. Quest’anno al corso di formazione in medicina generale (cioè quello per diventare medici di famiglia) si sono iscritti meno candidati dei posti messi a bando. I posti, che beneficiavano di borse aggiuntive finanziate dalla Regione con fondi Pnrr, erano circa 160. I giovani marchigiani interessati a diventare medico di famiglia, però, sono stati solo 82. Un 20 o 30% di loro, inoltre, probabilmente abbandonerà il percorso durante i tre anni. Sul territorio mancano circa 238 medici di famiglia, suddivisi nelle varie provincie. Maglia nera per la provincia di Macerata, dove mancano all’appello circa 70 professionisti.

Subito dopo viene Ancona, con 58 carenze. Nel pesarese servirebbero, invece, 52 medici in più, 31 a Fermo e 27 ad Ascoli. In totale, a esercitare oggi sono circa 900 professionisti. Ma cosa scoraggia davvero chi dovrebbe iscriversi a questi corsi? Per Valeri la risposta è chiara. «Il carico di lavoro è enorme, siamo sempre meno e la burocrazia ci uccide. C’è poi poca chiarezza sui compiti che il sistema si aspetta da noi. In questo periodo si sta passando al ruolo unico, contro il quale in questi giorni abbiamo organizzato uno sciopero». Questo tema è un altro dei terreni su cui si sta consumando lo scontro tra i colleghi più giovani e coloro che sono già inseriti e, internamente, tra sindacati favorevoli e contrari. Oggi i medici di base sono liberi professionisti convenzionati con il Servizio sanitario nazionale. Con il ruolo unico, in vigore dal 1 gennaio 2025, tutti coloro che entrano in servizio devono obbligatoriamente prestare servizi aggiuntivi, oltre a quelli in studio.

«Ci sono delle ore fisse da svolgere come guardia medica, per esempio, o nelle case di comunità che si stanno ultimando con gli interventi Pnrr. È svantaggioso soprattutto per i colleghi più giovani, che avranno obblighi da dipendenti, rimanendo liberi professionisti. Chi è già in servizio può decidere se aderirvi o meno, loro invece sono obbligati. Se anche i ragazzi smetteranno di iscriversi ai corsi, con il turnover inceppato che ci ritroviamo, nelle case di comunità non andrà a lavorare nessuno», è l’allarme lanciato da Valeri.

La situazione

Alcuni sindacati hanno organizzato uno sciopero, ma ormai il ruolo unico è passato, sostenuto dal sindacato maggioritario, cioè la Fimmg. Nel frattempo, nelle Marche, il numero di curanti per singolo professionista sale sempre di più (circa 1.450 pazienti per medico), mentre le aule di formazione rimangono vuote.




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