Energie rinnovabili in Italia contro povertà e disuguaglianza
di Claudio Trevisan
Nel 2005, circa 1,9 milioni di persone vivevano in povertà assoluta in Italia (3,3% della popolazione). Nel 2024, questo numero è aumentato a circa 5,7 milioni (9,7%), che indica un significativo peggioramento delle condizioni economiche per una parte crescente della popolazione italiana nel corso degli anni. In Italia nel 2015 erano presenti 62 miliardari aumentati a 74 nel 2024 (+19%). Il 5% più ricco delle famiglie italiane nel 2024 possedeva il 46% della ricchezza netta totale.
Facendo un confronto con Islanda e Slovenia, il tasso di povertà relativa in Italia è circa il 22% (1 italiano su 5), invece in Islanda è il 4,5% e Slovenia il 12%. Le cause principali di queste differenze sono la disuguaglianza regionale (disoccupazione alta e salari bassi nel Sud rispetto al Nord), assicurazioni sociali più deboli (welfare e indennità di disoccupazione), alta disoccupazione giovanile (lavoro precario). L’Islanda ha alti livelli di occupazione (mercati del lavoro stabili con salari elevati e bassa disoccupazione) e fiscalità progressiva (la ricchezza viene ridistribuita efficacemente attraverso le tasse che finanziano i servizi pubblici).
Inoltre, l’Italia ha più disuguaglianza economica (0.33 coefficiente di Gini, che varia da 0 perfetta uguaglianza a 1 estrema disuguaglianza) sia dell’Islanda (0,27) che della Slovenia (0,23). I motivi di questa discrepanza sono disomogenea distribuzione del reddito, limitata redistribuzione (evasione fiscale), pochi diritti e retribuzioni basse per i lavoratori temporanei e la concentrazione della ricchezza in mano a pochi. La Slovenia invece ha un settore pubblico forte (istruzione, assistenza sanitaria e edilizia popolare a basso costo che riducono le disparità), l’imposizione fiscale e trasferimenti efficaci, il governo ridistribuisce il reddito in modo efficiente e con differenze salariali moderate. La Slovenia ha un impegno culturale e politico per l’uguaglianza che enfatizza equità e inclusione.
Per cercare di uguagliare l’Islanda e Slovenia con la riduzione della povertà e delle disuguaglianze economiche ci vorrebbe un forte cambio di cultura, difficile in una nazione capitalista/individualista come la nostra. A mio parere una possibile soluzione potrebbe essere quella di aumentare l’investimento nelle energie rinnovabili nostrane (geotermico/solare/eolico) per poter ottenere benefici economici/ambientali/sociali per tutti (specialmente le persone che vivevano in povertà assoluta).
L’Italia importa circa il 75% dell’energia (gas/petrolio/carbone). Ogni anno spende oltre 40 miliardi di euro per acquistare combustibili fossili dall’estero. Se le rinnovabili coprissero anche solo il 50% del fabbisogno energetico si potrebbero risparmiare 15 miliardi di euro all’anno in importazioni. Questo ridurrebbe la nostra dipendenza geopolitica, meno vulnerabili ai rialzi dei prezzi internazionali e avremo una maggior stabilità economica interna. Inoltre, le rinnovabili generano molti più posti di lavoro per unità di energia prodotta rispetto alle fonti fossili con circa 5 volte più occupazione nei settori dei pannelli solari, turbine eoliche, batterie, sistemi di accumulo e ingegneria geotermica.
Si stimano fino a 500mila nuovi posti di lavoro entro il 2035 se l’Italia dovesse accelerare la transizione energetica. Con un aumento della produzione rinnovabile si potrebbe ottenere una riduzione sia dell’inquinamento causato delle emissioni del settore energetico, sia dei costi sanitari dovuti all’inquinamento atmosferico.
L’Italia sfrutta solo una parte del potenziale dell’energia geotermica nostrana. Ci sono sorgenti geotermiche in quasi tutte le regioni ma quasi solo la Toscana le sta utilizzando. Purtroppo, non sono stati convertiti in pozzi geotermici dei pozzi petroliferi abbandonati molto profondi (5.000 metri). Perché? Negli Usa l’Enel gestisce una centrale ibrida solare/geotermica, ma queste centrali non vengono costruite in Italia dove abbiamo tanto sole/energia geotermica. Perché?
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