Marche

«Io, prete da corsa per 4 parrocchie». Da Atene al nuovo impegno del vice rettore del seminario


PESARO Se le strade del Signore sono infinite, lui le fa tutte di corsa. Facile chiamarlo maratoneta di Dio. E non solo perché don Andrea Righi, messi da parte colletto e aspersorio, il 9 novembre ha corso i 42,195 km mai banali di Atene. «Dovevo farla 6 anni fa – racconta – ma durante un allenamento riportai la lesione del tendine». Da Canavaccio, all’ombra della Torre Brombolona, al pentelico stadio Panathinaiko: 42 anni, prete podista e pendolare che non ha (ancora) il dono dell’ubiquità ma ci va vicino. E’ il nuovo parroco di Osteria Nuova, Borgo Santa Maria, Pozzo Alto e Tavullia ma vive anche ad Ancona dove, al sesto anno di seminario, ricopre l’incarico di vice rettore.

Un prete da corsa alla Maratona di Atene: immagine evocativa.

«In realtà c’erano diversi preti in gara. E’ una maratona bellissima e complicata, ripercorre i tracciati di Filippide e mette a dura prova qualsiasi atleta». 

Il momento più difficile?

«I primi 30 km li corri con le gambe, i 10 successivi con la testa, i restanti 2 con il cuore e gli ultimi 195 metri con le lacrime. L’applauso del pubblico emoziona, mi ricorda l’apostolo Paolo nel viaggio ad Atene».

E il settimo giorno don Andrea si riposò? Mica tanto.

«Il vescovo ha deciso di affidare a me e don Andrea Marescotti queste 4 parrocchie. Si unirà poi Luigi, sarà ordinato il 6 dicembre. La sua è una vocazione molto originale»

Ovvero?

«E’ un diacono permanente. I fedeli di Tavullia hanno riconosciuto in lui il saper generare fede e il vescovo ha deciso di ordinarlo presbitero per acclamazione».

Il territorio, quindi, ricomincia da tre. Con quali progetti?

«Dal 13 al 22 marzo ci sarà una grande missione popolare, capillare, nella Valle del Foglia con più di 70 frati. Porteremo il vangelo nelle scuole, carceri, case di cura, supermercati e fermate dei bus. Poi, dal 24 marzo, daremo seguito al percorso 10 parole, incontri sull’Abc della fede per chi ne è a digiuno».

Ogni vocazione è sempre una con-vocazione che riguarda tutta la comunità.

«Sì. Ma più che parlare e annunciare credo sia anche il momento di ascoltare».

Correndo si ascolta il corpo e si tende all’essenzialità dei movimenti. Come una costante preghiera naturale.

«Io non ascolto musica quando corro ma dialogo con me stesso. Mi viene in mente la Lettera agli Ebrei capitolo 12».

Ovvero: l’esortazione a correre con perseveranza verso la fede, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia.

«Nella Bibbia la corsa viene presa come immagine dell’esercizio della fatica. L’asceta è l’atleta».

Come è nata la passione per la corsa?

«Quando ero a Roma, a Castel Giubileo. Lì partiva la pista ciclabile più lunga della Capitale, un invito ad andare a correre. E poi perché avevo problemi di colesterolo».

Ordinato presbitero il 27 settembre 2014 a 31 anni. Quasi un panda vista la carenza di vocazioni degli ultimi anni.

«I numeri dicono che c’è un calo drammatico. Ma non è una punizione, bisogna leggere il dato con maggior libertà. Dobbiamo vigilare sulla tentazione di dimenticare di essere salvati da Cristo e di ridurre la Chiesa a una onlus di beneficenza smarrendo la sua verità sacramentale e salvifica».

Prima di intraprendere questa strada cosa faceva?

«Ho studiato meccanica e, al Conservatorio, il trombone. Non mi mancava nulla ma dicevo: tutta qui la vita?»

Così ha capito che il Signore stava chiamando?

«C’è stata una graduale consapevolezza, che cresce ancora adesso. Entrare in seminario è stato solo un primo passo».

Famiglia e amici come hanno preso questa sua decisione?

«I miei genitori se lo aspettavano. Gli amici, invece, hanno reagito in maniera diversa. Alcuni mi hanno anche chiuso il telefono in faccia».

Siamo dentro una desertificazione culturale e sociale, di crescente laicizzazione e forti contrasti religiosi. Come la vive un prete?

«Il problema di fondo è la cultura: nelle persone è saltata l’Abc della Chiesa, sono confusi su cosa comporti aderire al Vangelo».

Cosa si può fare in questo senso?

«Anche se alcun presìdi della Chiesa saltano per carenza di sacerdoti, questa continuerà ad esserci dove c’è un padre che sa generare fede nei figli».

I social possono essere un tramite per raggiungere i fedeli?

«Non sono né pro né contro ma nei social non so dove va a finire il mio messaggio. Io non utilizzo immagini o frasi fatte, credo nella relazione interpersonale, nel dialogo vero, lo sguardo. Credo in Gesù che guariva toccando o ascoltando le persone».




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