Sfottò calcistico, poi la coltellata a Hekuran. Arrestato l’omicida: «Ho bucato qualcuno»
FABRIANO Si chiama Yassin Hassen Amri, ha 21 anni, è italiano di origine tunisina, calciatore nei campi dilettanti, studente dai risultati altalenanti, «abituato a uscire sempre col coltello» ed è in carcere da venerdì sera: è lui, secondo gli inquirenti, l’omicida di Hekuran Cumani, il 23enne ucciso il 18 ottobre con una coltellata al cuore nel parcheggio della facoltà di Matematica a Perugia. Gli 007 della Squadra mobile, coordinati dal pm Gemma Miliani, sono riusciti dopo due settimane di «complesse indagini» a individuare il presunto aggressore che ha strappato la vita al giovane di Fabriano, dopo una serata al 100Dieci Café.

Il cambio d’abito
A incastrarlo, i suoi comportamenti «volti a nascondere le tracce del reato»: si è disfatto del coltello, ha consegnato agli inquirenti un telefono diverso da quello che aveva con sé e ha tentato di liberarsi degli indumenti che indossava quella notte. Ma anche, come spiegato ieri dal procuratore capo Raffaele Cantone, le «dichiarazioni confessorie» fatte agli amici dopo il delitto: «Ho bucato qualcuno», avrebbe detto, facendo vedere il coltello sporco di sangue. Dichiarazioni riportate agli inquirenti dagli amici che hanno aiutato a ricostruire un quadro inizialmente confuso visto che nessuno, tra i 10 fabrianesi e i 7 umbri, pare abbia visto il momento dell’accoltellamento, durante diverse aggressioni tra i due gruppi nate per uno sfottò calcistico, un «Forza Marocco» detto da un marchigiano all’indirizzo dei ragazzi d’origine tunisina. Da lì, l’offesa all’indirizzo della madre di un rivale, poi la rissa finita in tragedia. Dagli insulti tra due giovani si è passati alla violenza e ai coltelli: buttati, ripresi, tirati fuori da un giubbino e scagliati sia contro la coscia di Samuele, il fratello di Hekuran, sia contro il giovane, ucciso nel park.
La ricostruzione
Tra i coltelli spuntati, quello estratto da un 18enne, finito qualche giorno fa in carcere per aver trasgredito il divieto di dimora a Perugia, emesso dopo un’aggressione con la roncola a un buttafuori di un locale. Il giovane si è fatto raggiungere dalla fidanzata per prendere un coltello dalla sua auto. L’ha brandito verso l’altro gruppo per poi gettarlo a terra, quando c’è chi gli avrebbe detto: «Se sei uomo, buttalo e affrontami con le mani». Nel frattempo, in un’altra parte del parcheggio, sono partite altre colluttazioni: Amri, dopo aver raccolto il coltello da terra e con un secondo nell’altra mano, recuperato dal giubbino che aveva in auto, si sarebbe scagliato contro Hekuran, per colpirlo e scappare. L’arma del delitto non si trova: il 21enne se ne sarebbe disfatto insieme ad alcuni indumenti, con quel giubbino e pantaloni con un larga banda nera che lo collocherebbero (secondo gli esiti delle indagini) sul luogo del delitto.
L’auto incendiata
Le indagini sono andate avanti con la preoccupazione di eventuali ritorsioni «non da parte della famiglia, ma della comunità albanese» – ha detto Cantone – molto colpita dalla morte di Hekuran. Con il procuratore che ha rivelato un «fatto strano e inquietante»: l’incendio dell’auto, parcheggiata davanti casa, del padre di un amico dell’accusato di omicidio, presente alla lite ma non partecipe del delitto. In attesa dell’interrogatorio di Amri, intanto, il suo legale, l’avvocato Vincenzo Bochicchio, spiega: «L’ordinanza di applicazione della custodia in carcere era più che prevedibile data la gravità delle accuse mosse al mio assistito. Valuteremo il materiale indiziario già ritenuto grave dal gip e rifletteremo sulle iniziative difensive da intraprendere».




