Carlotta Vagnoli e Valeria Fonte indagate per stalking: nelle chat insulti a Segre, Murgia e Mattarella
Ci sono cognomi celebri, di politici, giornalisti e scrittori. E poi ci sono frasi offensive, violente, alcune legate a fatti di attualità. In un lungo articolo su Il Fatto Quotidiano, Selvaggia Lucarelli ha pubblicato alcune chat, con protagoniste – tra gli altri – Carlotta Vagnoli e Valeria Fonte, le due attiviste – oltre all’autrice ed esperta di relazioni internazionali Benedetta Sabene – verso cui la procura di Monza ha chiuso dieci giorni fa le indagini preliminari per stalking (contro le prime due c’è una seconda denuncia arrivata dalla social media strategist Serena Mazzini).
La storia comincia lo scorso gennaio, quando Vagnoli e Fonte – note sul web per l’impegno femminista e contro la violenza di genere – comunicarono di aver ricevuto una perquisizione a casa, culminata con il sequestro dei loro device. A nove mesi di distanza, con la chiusura delle indagini preliminari, il pubblico ministero Alessio Rinaldi – come riporta il Corriere della Sera – ipotizza che le indagate avrebbero condotto «una campagna di molestia e denigrazione» sui social, causando alle persone offese «uno stato d’ansia e un’alterazione significativa delle proprie abitudini».
La denuncia che aveva fatto scattare la perquisizione era stata depositata da un uomo, A.S., che secondo la ricostruzione sarebbe stato accusato dalle indagate di essere un «abuser», scatenando su Whatsapp quella che viene definita una «gogna digitale». Ecco, tra quelle chat finite al vaglio degli inquirenti, emerge oggi – attraverso appunto il racconto di Selvaggia Lucarelli, poi riportate anche da Corriere e Repubblica – un gruppo privato (con cinque persone, tra cui appunto Vagnoli e Fonte) nel quale vengono prese di mira numerose personalità, a partire da Sergio Mattarella e Liliana Segre, per arrivare a Michela Murgia, Paolo Mieli, Fabio Fazio e altri.
Attacchi diretti che hanno scatenato la tempesta. Vagnoli replica chiedendosi come «una persona estranea al processo abbia avuto accesso a materiali secretati e abbia estrapolato addirittura il materiale su cd e chiavette che non è stato inserito negli atti utili all’indagine perché ritenuto ininfluente». E poi ha aggiunto che così si «mette a rischio l’incolumità delle tre indagate, che hanno ancora molto tempo prima di un rinvio a giudizio o un’archiviazione: siamo ancora ben lontane dall’audizione col pm, figuriamoci dalla decisione del Gip». Lucarelli sottolinea invece che, a indagini chiuse, «gli atti sono pubblici».
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