Umbria

imputato condannato con l’abbreviato, complici assolti con il rito ordinario


La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile, per “manifesta infondatezza”, il ricorso presentato da un italiano di 51 anni, contro la decisione della Corte d’appello di Perugia che gli aveva negato la revisione del processo. L’uomo era stato condannato a 3 anni per la rapina aggravata di due telefoni cellulari ai danni di un altro uomo durante una sosta all’autogrill in superstrada, reato per il quale i suoi presunti complici erano stati, invece, assolti con sentenza irrevocabile.

Per la rapina dei cellulari il ricorrente era stato giudicato con il rito abbreviato e condannato in primo grado e in appello. I coimputati, invece, erano stati processati con il rito ordinario e assolti dallo stesso capo d’imputazione.

Proprio su questa “inconciliabilità” tra le due sentenze si è basato il ricorso per la revisione, sostenendo che le sentenze sono in contrasto, e che la condanna è stata emessa nonostante le discrepanze nelle dichiarazioni della persona offesa: in denuncia avrebbe affermato che i telefoni gli furono tolti all’aeroporto, mentre in dibattimento, avrebbe prima detto di averli consegnati in un autogrill, confondendo le due volte i rapinatori. In nessuna delle due versioni, infine, la vittima aveva mai parlato di minacce o violenze, elemento essenziale per configurare il reato di rapina (avvenuta per il pagamento mai effettuato di diverse dosi di droga).

La Corte d’appello di Perugia, tuttavia, aveva già respinto questa ricostruzione, dichiarando inammissibile la richiesta di revisione. Secondo i giudici perugini, non sussisteva il conflitto tra giudicati necessario per la revisione. Le due sentenze, infatti, non avrebbero accertato “fatti storici” oggettivamente incompatibili, ma avrebbero semplicemente fornito una “diversa valutazione giuridica” dello stesso fatto di base: la consegna dei telefoni come corrispettivo per un debito di droga.

La Cassazione, nella sentenza ha pienamente confermato questa interpretazione, ritenendo che “l’episodio, per come ricostruito nell’uno e nell’altro processo, sia rimasto nei suoi tratti essenziali perfettamente sovrapponibile”, con conseguente rigetto del ricorso e condanna al pagamento delle spese processuali.


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