Cambridge (Capital Group): “Nessuna bolla in vista, ma rimane fondamentale la selezione”
“Il tema della sopravvalutazione non va ignorato, ma nemmeno assolutizzato. In tutte le fasi di mercato ci sono delle discrepanze tra valori degli asset e fondamentali. È importante analizzare caso per caso, attraverso analisi rigorose, senza cedere all’emotività”. È la convinzione di Grant Cambridge, portfolio manager di Capital Group e responsabile principale degli investimenti dell’Investment Company of America (Ica), fondo comune d’investimento lanciato nel 1934 e la strategia più longeva di Capital Group (oltre 90 anni di track record) oltre ad essere il terzo fondo azionario statunitense a livello globale con 193 miliardi di dollari di asset in gestione.
A oltre nove mesi dall’insediamento del presidente Trump è possibile tracciare un bilancio sull’impatto che le decisioni dell’Amministrazione Usa stanno avendo sui mercati finanziari, a cominciare da Wall Street?
“Faccio una premessa: noi ragioniamo sempre in un’ottica di lungo periodo quando investiamo; quindi, cerchiamo di puntare su aziende solide, ben consolidate, che sappiano adattarsi a qualunque orientamento politico. A prima vista potrebbe apparire una considerazione scontata, ma in realtà la capacità di adattamento è cruciale in una fase di cambiamenti continui come quella che stiamo vivendo. L’impatto iniziale è stato indubbiamente dirompente e ha creato un po’ di incertezza in quanto abbiamo dovuto studiare come cambiano le strategie, le catene di fornitura, i prezzi e gli orientamenti in merito alle fusioni e acquisizioni. Oggi possiamo dire che le misure sui dazi e le altre grosse novità introdotte dall’Amministrazione Usa vengono digerite e molte aziende sono in grado di performare bene anche nel nuovo contesto”.
Fatta questa premessa, e considerato che la fase Toro a Wall Street dura da tre anni, a vostro avviso il mercato azionario Usa può ancora crescere? A quali settori guardate con maggiori interessi?
“Permettetemi di iniziare dicendo che siamo convinti vi siano opportunità in tutti i settori. La dispersione delle valutazioni (cioè la distanza tra i titoli più cari in termini di multipli e quelli più economici, ndr) – non è mai stata così ampia. Questo significa che possiamo investire in modo diversificato, opportunità diffuse. Si tende a concentrare l’attenzione su poche aziende di alto profilo , ma noi investiamo anche in aziende poco conosciute, che spesso non fanno notizia e talvolta non sono ancora apprezzate dal mercato. Ogni nostro analista di investimento si occupa di un diverso settore dell’economia, così da individuare le migliori opportunità in tutto lo spettro del mercato”.
Mettiamoci nei panni di un investitore retail: c’è qualche titolo che risponde all’identikit finora tracciato?
“Un esempio interessante è Royal Caribbean, una delle società presenti nel nostro portafoglio. Nella primavera del 2020 era arrivato a valere poco più di $30 dollari, oggi sfiora quota $300. Durante il Covid nessuno poteva viaggiare in crociera e il business era avvolto da grande incertezza. Poi, però, con la fine della pandemia, abbiamo riscontrato una fortissima domanda: la gente voleva tornare a fare ciò che non aveva potuto. La richiesta di crociere è esplosa e Royal Caribbean ha continuato a migliorare la propria offerta. Inoltre sta investendo nel real estate in maniera profittevole”.

Una società crocieristica che investe negli immobili?
“Non molti lo sanno, ma alcune delle splendide isole caraibiche sono state acquistate dall’azienda e disponibili solo per i suoi crocieristi: offrono esperienze esclusive, combinando mare e terra, con resort e spa. Inoltre Royal Carribean sta lanciando nuove destinazioni ogni anno e ha una ricca pipeline per i prossimi tre-quattro anni”.
Dalla Bank of England al Fondo monetario internazionale, passando per numerosi analisti e money manager, in tanti di recente hanno lanciato l’allarme bolla sui titoli legati all’intelligenza artificiale. A vostro avviso questa nuova frontiera tecnologica – allo stato attuale – rappresenta più un rischio o un’opportunità per gli investitori?
“L’AI è uno dei cambiamenti tecnologici più profondi che io abbia visto da quando ho iniziato la mia carriera, nell’ormai lontano 1984. Tutti si concentrano sull’aspetto più visibile, i chip che abilitano la tecnologia, ma noi guardiamo più in profondità: vogliamo capire quali aziende sapranno usare l’AI per diventare più redditizie e competitive. È ancora una fase iniziale, ma sarà interessante vedere se questa tecnologia migliorerà i margini e l’agilità delle imprese. In particolare, nel settore sanitario, l’impatto sull’innovazione e lo sviluppo dei farmaci è enorme. Alcune aziende stanno già investendo in AI, altre no: il nostro compito è capire quali di queste emergeranno come leader. È molto probabile che emergano nuovi leader dopo aver sfruttato l’intelligenza artificiale in tutta la loro azienda. Nel campo della ricerca clinica, ad esempio, l’AI viene già utilizzata nella costruzione e nella gestione dei trial: dalla selezione dei pazienti alle analisi dei dati. Sviluppare un farmaco e testarlo è un processo lunghissimo e costoso; grazie all’AI, tutto può diventare più rapido ed efficiente. Non è ancora chiaro quali aziende vinceranno questa sfida, ma nei prossimi due-cinque anni vedremo grandi progressi. Torno al discorso iniziale per dire che la nostra analisi parte sempre dai fondamentali societari per capire poi se un titolo è sottovalutato o meno.
Quindi non vede un rischio bolla?
“Sono molto costruttivo sulle opportunità di investimento a lungo termine. Gli Stati Uniti offrono un mercato profondo e dinamico, pieno di aziende innovative in ogni settore. Ma poi mi chiedo: che cos’è una bolla? È quando i titoli crollano perché le aspettative sono troppo alte rispetto ai fondamentali. Nel 2002 le valutazioni si sono rapidamente compresse, ma non si è trattato di una bolla. Anche all’inizio di quest’anno i mercati hanno registrato un calo, per poi risalire. Questi periodi di volatilità possono creare opportunità di acquisto. tuttavia, oggi molte aziende generano forti flussi di cassa e la domanda di tecnologie legate all’AI – chip, data center, infrastrutture – supera nettamente l’offerta. Finché sarà così, il contesto rimarrà favorevole. Prendiamo Alphabet (casa made di Google, ndr): ha visto la domanda di potenza di calcolo crescere di dieci volte ogni anno negli ultimi otto anni, ancora prima del boom dell’AI. Questo per dire che l’aumento strutturale della domanda informatica richiede enormi capacità computazionali, ed è per questo che vediamo tanti investimenti in questo campo”.
Chiudiamo con un ultimo quesito: nei vostri portafogli mostrate un grande interesse per i titoli ad alto dividendo: è una strategia per governare la volatilità?
“Sì, ci piacciono le aziende che hanno sia la possibilità, sia la volontà di restituire capitale agli azionisti. Significa che hanno fiducia nei loro flussi di cassa futuri e una mentalità orientata al valore per gli azionisti. Inoltre, questo permette di far crescere i rendimenti nel lungo periodo grazie all’interesse composto. Da oltre novant’anni, la strategia Investment Company of America, investe proprio in società consolidate che garantiscono un apprezzamento del capitale e un rendimento. Faccio un esempio: investendo mille dollari alla nascita del fondo (nel 1934, ndr), e reinvestito i dividendi, oggi il capitale sarebbe di 41 milioni. Chi avesse ceduto alla tentazione di incassare i dividendi, avrebbe solo 2,8 milioni. La differenza mostra la potenza dell’effetto composto per gli investitori a lungo termine. Investiamo anche in società che non distribuiscono dividendi, ma in generale riteniamo molto positivo quando un’azienda, maturando, restituisce capitale agli azionisti”.
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