Droghe, è di minori il 10% degli accessi in Pronto soccorso e in Italia mancano 1.900 operatori
La cura e l’assistenza alle dipendenze come uno dei talloni d’Achille del Servizio sanitario nazionale, a fronte di dati preoccupanti soprattutto tra i minorenni per la co-presenza di più condizioni. Eppure, in Italia la presa in carico delle persone con dipendenze patologiche rientra tra i Livelli essenziali di assistenza (Lea), da garantire uniformemente sul territorio nazionale. Questo, sulla carta: il Paese è caratterizzato da strutture a macchia di leopardo e da un numero di operatori inadeguato nei servizi ambulatoriali con il conseguente aumento dei ricoveri (+13% tra 2022 e 2023 secondo gli ultimi dati disponibili) mentre un accesso su dieci in Pronto soccorso per patologie droga-correlate si registra tra i minorenni.
Servizi da riorganizzare
A tracciare il quadro di sintesi è l’analisi condotta dalla Fondazione Gimbe sull’organizzazione dei SerD (Servizi per le dipendenze), a partire dai dati della Relazione 2025 della Presidenza del Consiglio al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia e del Rapporto Oised-Crea 2024. «Serve una riorganizzazione nazionale – avvisa il presidente Gimbe Nino Cartabellotta – non più iniziative spot».
L’identikit
I SerD si occupano di prevenzione, terapia e riabilitazione per persone con disturbi legati all’assunzione di sostanze psicoattive (legali e illegali) e per coloro che manifestano comportamenti di dipendenza non da sostanze, come gioco d’azzardo, uso compulsivo di Internet, gaming, shopping patologico, dipendenza sessuale e disturbi del comportamento alimentare. L’offerta assistenziale si articola su quattro livelli: servizi di I livello, servizi ambulatoriali, strutture residenziali e semi-residenziali, che includono i servizi specialistici. Secondo quanto previsto dal Dm 77 del 2022 che ha riorganizzato l’assistenza socio-sanitaria sul territorio attuando il Pnrr, l’assistenza sanitaria e socio-sanitaria alle persone con dipendenze patologiche – sia legate al consumo di sostanze psicotrope (legali o illegali) sia di natura comportamentale – deve essere garantita in ogni Regione e Provincia autonoma dai SerD, in collaborazione con altri servizi sanitari e sociali, con i servizi residenziali e semi-residenziali convenzionati per le dipendenze, il terzo settore ed altre istituzioni e realtà territoriali.
Il Dm 77 stabilisce la presenza di un SerD ogni 80.000-100.000 abitanti nella fascia di età 15-64 anni, con apertura almeno 5 giorni a settimana per 12 ore al giorno. Nelle macro-aree regionali è inoltre previsto che almeno un servizio resti attivo 6 o 7 giorni a settimana, per garantire la massima continuità assistenziale. Sulla base della popolazione 15-64 anni residente al 1° gennaio 2025, per rispettare questi standard sono necessari da 373 a 467 SerD. «Stando ai numeri – commenta Cartabellotta – i Servizi per le dipendenze in Italia non mancano, ma senza una reale integrazione in rete la loro efficacia resta limitata. Occorre passare da strutture isolate a un sistema capace di garantire continuità assistenziale, presa in carico multidisciplinare e uniformità di accesso su tutto il territorio nazionale. Oggi i servizi per le dipendenze sono il simbolo della disattenzione istituzionale verso un’area ad alta vulnerabilità, troppo spesso lasciata ai margini del Ssn. E’ tempo di riconoscerli come parte integrante dell’assistenza territoriale e di garantirne il potenziamento attraverso investimenti strutturali e vincolanti».
Gap di 1.900 operatori
Per quanto riguarda il personale sanitario, il Dm 77 definisce gli standard minimi e quelli a regime per ciascun SerD: da 3 a 4 medici di cui almeno 1 psichiatra, 3-3,5 psicologi, 4-6 infermieri, 2,5-3,5 educatori professionali e tecnici della riabilitazione psichiatrica, da 2 a 3 assistenti sociali e da 0,5 a una unità di personale amministrativo. Complessivamente – spiegano da Fondazione Gimbe – questi parametri corrispondono a 5.614 unità di personale per lo standard minimo e a 7.860 per quello a regime. «In altri termini – commenta Cartabellotta – se il numero totale di strutture ambulatoriali è superiore a quello previsto dagli standard del Dm 77, il personale sanitario censito nel 2023, pari a 6.005 professionisti, risulta fortemente sotto-dimensionato rispetto al fabbisogno: mancano infatti quasi 1.900 operatori per raggiungere lo standard a regime».Fino a 37 utenti per operatoreNel 2023, nei servizi ambulatoriali, il numero medio di utenti per unità di personale dipendente è di 24,1 ma con marcate differenze regionali: nelle Marche, in Abruzzo e Lazio si superano i 30 pazienti per operatore mentre in Umbria la media raggiunge addirittura quota 37. «Una pressione – è il commento della Fondazione Gimbe – che inevitabilmente si riflette sulla qualità della presa in carico e sulla continuità terapeutica».
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