Lazio

“Pm sotto il governo? Conosco Meloni, non è il suo pensiero. E se qualcuno lo dice sarò il suo nemico” – Il Tempo


Foto: Ansa

Edoardo Romagnoli

«Se mai ci fosse il pericolo che con questa riforma della giustizia il pm finisse sotto l’esecutivo mi troverebbero sdraiato a terra per impedire che questo avvenga, ma siccome conosco Giorgia Meloni so che non è neanche nell’anticamera del suo pensiero». Il presidente del Senato Ignazio La Russa non usa mezzi termini per spiegare la sua posizione sulla riforma della giustizia, e in particolare sulla separazione delle carriere.

Presidente quindi non c’è il pericolo che con questa riforma il pubblico ministero finisca sotto l’esecutivo?
«No. Quello che il governo sta cercando di fare è un riequilibrio dei poteri previsti dalla Costituzione. Sull’eventuale sottomissione del pm all’esecutivo nel testo della riforma non c’è alcun riferimento e finora nessuno l’ha mai sostenuto. Se anche uno dicesse semplicemente “mi piacerebbe un domani..” troverebbe in me un acerrimo nemico».

Ha fatto discutere la sua frase, riguardo la separazione delle carriere, sul fatto che «il gioco non vale la candela»; cosa intendeva?
«Intendevo dire che la separazione delle carriere, che è solo una parte della riforma, è stata esasperata nel dibattito mentre in realtà è quella su cui vale meno la pena soffermarsi perché di fatto c’è già una separazione delle carriere».

 

Le opposizioni parlano spesso di deriva autoritaria, Elly Schlein al congresso del Pse ha dichiarato che «la libertà e la democrazia sono a rischio quando l’estrema destra è al governo».
«L’opposizione qualcosa di negativo sul governo lo deve dire. Non potendo dire che da quando c’è l’esecutivo Meloni i conti pubblici vanno male o che la disoccupazione è cresciuta o che lo spread è aumentato, allora si dice che c’è una deriva autoritaria. Ma chiediamolo ai cittadini se percepiscono un pericolo per la democrazia».

Qual è il pericolo peggiore per la democrazia?
«L’indifferenza. Non è il fascismo, non è il comunismo, ma l’indifferenza. La verità è che la democrazia è stata gestita male in tutti questi anni».

Cosa intende?
«Intendo che troppo spesso chi perdeva le elezioni governava. La partecipazione al voto è il cuore della democrazia, tant’è che dopo il fascismo andarono a votare il 98% degli italiani proprio perché avevano capito che era il loro turno di decidere. Se tu gli fai vedere che nonostante loro votino comunque non decidono poi non ti puoi lamentare se si disaffezionano e non vanno più a votare».

 

Rai, teatri, partecipate, musei, da sempre chi va al governo mette i suoi fedelissimi nei posti chiave. È normale o è una deriva a cui va messo fine?
«Vedo una sorta di riequilibrio, prima c’era una tabula rasa nel senso che se non eri allineato alla sinistra non potevi neanche sperare di ambire a determinati ruoli. Ora le scelte vengono fatte tenendo presente anche coloro che fino a ieri erano considerati figli di un dio minore».

Ma la politica dovrebbe uscire dalla Rai, solo per fare un esempio, o no?
«La politica deve scegliere. Se non sceglie la politica chi sceglie? I cacciatori di teste? Le scelte chi le deve fare? Perché qui il punto è che se non sceglie l’intellighenzia di sinistra allora non va bene. Deve scegliere la politica tenendo presente la competenza, l’affinità e la lealtà; prima di tutto la competenza. A parità di competenza ci sta che pesi l’affinità».

E sulle polemiche riguardo la Venezi che mi dice?
«L’ho conosciuta. È venuta al Senato a dirigere il concerto di Natale, la invitai io. C’era anche il presidente della Repubblica che la applaudì a lungo. Il problema non riguarda il giudizio sulle sue capacità ma il fatto che abbia espresso un sentimento di simpatia verso Meloni. Da allora improvvisamente è diventata una nemica da abbattere».

Allarghiamo lo sguardo e parliamo di Medio Oriente. Nel Paese c’è una frattura profonda fra pro Palestina e pro Israele.
«È inevitabile che le narrazioni siano contrapposte e che chi ha più strumenti di comunicazione appetibili, specie per i giovani, vinca. In questo caso era più facile che fra i giovani prevalesse un sentimento pro Palestina. Il fatto è che qui c’è ancora chi fa finta di non vedere che siamo arrivati a una pace o si sbraccia a dire che non è pace. Questa è l’esatta misura del fatto che la vicenda sia ideologizzata e che non sia più una reazione ai fatti ma un tentativo sterile di trasformare in battaglia ideologica una vicenda di tutt’altra natura».

Di chi parla?
«Non dei giovani. Registro però in Parlamento il voto contrario sulla mozione per la pace di un esponente dei 5 Stelle di cui volutamente non farò il nome».

Sull’episodio della Ca’ Foscari dove un gruppo di ProPal ha impedito all’ex deputato del Pd Emanuele Fiano di parlare cosa ne pensa?
«Confermo quello che ho detto e la mia solidarietà all’ex parlamentare del Pd. Però il mio modesto consiglio in questi casi è di lasciare da parte le responsabilità storiche del fascismo verso gli ebrei e di chiamare col loro nome chi oggi utilizza la vicenda della Palestina per spirito di sopraffazione. Alla Ca’Foscari c’è stata una matrice comunista. Avevano anche uno striscione con la falce e il martello. Non capisco perché questa ritrosia».

Crede che ci sia un antisemitismo di ritorno?
«Evidentemente non è di ritorno ma covava sotto la cenere».

 

Secondo lei in Palestina è in atto un genocidio?
«Li chiamerei orrori della guerra. Non credo che le atrocità che ci sono a Gaza fossero tese a far sparire i palestinesi, tant’è che gli inviavano anche dei bigliettini per avvertire i civili che stavano per bombardare. Non c’è mai stata una soluzione finale come ci fu nella Germania nazista».

Invece vede un pericolo di islamizzazione nel nostro Paese?
«Vedo un tentativo di assuefazione dell’Europa a percorsi di islamizzazione. Poi c’è da fare una distinzione. Un conto sono atti contro il nostro modo di sentire su cui uno cerca culturalmente di porre un freno, un’altra cosa sono gli atti contro il nostro codice penale che non possono avere alcuna giustificazione. Penso ad esempio all’assoggettamento della donna all’uomo».


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