Farmaco oncologico introvabile: scatta la denuncia. La storia di Gina Zaharia: «Così la Calabria mi condanna a morte»
«Sono una malata oncologica, ho il diritto di curarmi e di essere curata nella regione in cui pago le tasse. Ogni volta che dovrò fare quella puntura dovrò chiamare i carabinieri e arrivare fino a Catania? Rischio di morire da un momento all’altro». Gina Zaharia ha 38 anni e vive a Bagnara. Due giorni fa la storia della ricerca del farmaco salvavita introvabile in Calabria, e scovato in Sicilia solo grazie all’aiuto dei militari dell’Arma, è stata riportata da Gazzetta del Sud. Ieri, la signora Zaharia ha voluto raccontare in prima persona il calvario vissuto negli ultimi sei mesi: dai primi malori a cui nessun medico credeva, passando alle diagnosi sbagliate e conclusi con la diagnosi di un grave tumore all’ospedale Sant’Orsola di Bologna. Un calvario che non si conclude con la diagnosi, ma che continua subito dopo, per riuscire a farsi riconoscere dall’Asp di Reggio Calabria il diritto di essere curata.
«Ho iniziato a star male a maggio, ma mi dicevano che era stress – racconta la signora Gina – ho iniziato a fare delle analisi, ma i medici dicevano che andava tutto bene. Il primo agosto sono andata a fare un’ecografia a Bagnara e il medico si è accorto che c’erano dei piccoli noduli sul fegato. Allora mi ha detto di andare a fare una tac a una clinica privata a Reggio Calabria. Lì, però, hanno detto che non sembrava niente di grave e mi hanno consigliato di fare una risonanza magnetica con mezzo di contrasto. Cosa che poi ho fatto a Messina, però anche loro mi hanno detto che non si trattava di niente di grave e per scrupolo mi hanno consigliato di fare una visita da un nefrologo».
Ma mentre medici e tecnici continuavano a dirle che non c’era niente di grave, le condizioni della donna continuavano a peggiorare. «Mi sono rivolta al mio ex medico di base – sottolinea Zaharia – che nel frattempo era andato in pensione. Gli ho detto che stavo sempre più male, ma che nessuno mi credeva: svenivo, vomitavo e avevo una forte dissenteria. È stato lui a consigliarmi di andare a Bologna, dove ci sono professionisti specializzati in nefrologia».
Il 18 settembre scorso, la signora arriva al Sant’Orsola e gli specialisti bolognesi si rendono conto, guardando i referti degli esami diagnostici, che in Calabria non si sarebbero accorti di una massa vicino allo stomaco. «I medici a Bologna – aggiunge Gina Zaharia – si accorgono, inoltre, che quella massa si era aperta e sanguinava. Il 19 settembre mi hanno ricoverata d’urgenza. Né in Calabria, né a Messina erano stati in grado di leggere per bene le immagini. Il 23 mi hanno fatto la gastroscopia e hanno scoperto un tumore maligno allo stomaco sporgente, con metastasi al fegato. Da lì mi hanno spostata in oncologia. Sono stata ricoverata per 22 giorni». Prima di poter essere sottoposta a intervento chirurgico, l’emorragia interna doveva essere bloccata. «L’oncologo mi ha detto che dovevo tornare a casa per prendere questo farmaco, perché la regione Calabria non paga più i farmaci a Bologna».
Tornata in Calabria, Gina Zagari inizia la ricerca del medicinale prescritto a Bologna, introvabile nella sua regione. Con l’avvicinarsi della data in cui avrebbe dovuto fare la puntura (con cadenza quasi mensile) e in preda alla disperazione perché non riesce a trovare il farmaco, la donna si rivolge al suo legale. «Ho chiamato il mio avvocato Lorenzo Gatto – spiega – per farmi dare un consiglio. Mi ha detto di chiamare l’oncologo a Bologna e il mio medico ha deciso di rivolgersi ai carabinieri». Il problema, però, non è per nulla risolto. Il 20 novembre Gina dovrà prendere la seconda dose del farmaco, che continua a essere introvabile in Calabria. «Sono andata all’Asp e dicono che neanche lo conoscono, e che è costoso, non so come devono fare. Sono molto preoccupata perché il 20 di novembre dovrei ripetere la seconda dose, io non so dove prenderla. Devo rivolgermi un’altra volta ai Carabinieri? Dovrei dare mandato al mio avvocato e denunciare? Nel tempo che le denunce sortiscano qualche effetto, io sarò morta. Ho 38 anni, non 90, perché mi devono fare morire? Perché loro devono decidere il mio destino?».
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