i soldi di una maxi frode fiscale riciclati con la criminalità cinese
Soldi non versati, contributi previdenziali ignorati e manodopera “prestata” a ristoranti, resort e case di riposo: è questa la trama della maxi frode smascherata dalla Guardia di Finanza tra Roma e Viterbo.
Il valore del sequestro preventivo è di 93 milioni di euro e riguarda 244 persone tra soggetti fisici e giuridici, accusati di associazione per delinquere, frode fiscale, riciclaggio e autoriciclaggio.
Le indagini, partite da controlli fiscali del gruppo di Viterbo e del 3° nucleo operativo metropolitano di Roma, hanno permesso di scoprire due organizzazioni criminali.
Tramite società intestate a prestanome, operanti nei settori della ristorazione, del catering, della logistica e dei servizi alle imprese, i gruppi fornivano manodopera senza versare i contributi, accumulando una frode complessiva di oltre 65 milioni di euro.
I proventi illeciti venivano poi reinvestiti in beni di lusso come Rolex e immobili. Una parte del denaro è stata riciclata attraverso un’organizzazione gestita da due coniugi di origine cinese, che avrebbero trasferito all’estero oltre 28 milioni di euro tramite il “Fei Ch’ien”, sistema informale di spostamento di fondi utilizzato anche dalla criminalità organizzata.
Il nucleo di polizia economico-finanziaria di Roma, insieme al 3° nucleo operativo metropolitano, ha ricostruito le complesse operazioni di riciclaggio e trasferimento dei fondi, svelando la rete criminale che si muoveva tra Roma e Viterbo, dove la manodopera “in nero” era al centro di un meccanismo illecito di proporzioni straordinarie.
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