Monica Guerritore: «Invecchiando voglio sembrare bella, tosta, agguerrita e piena di lavoro. Probabilmente voglio sembrare quella che sono: un’attrice»
Come reagisce alle critiche? A quelle negative, voglio dire.
«Quelle cattive so riconoscerle, ormai. So capire se un mio lavoro ha dei reali problemi, o se c’è dell’astio nei miei confronti».
Qual è la critica peggiore che potrebbe arrivarle per il film?
«Che la mia Anna non le assomiglia affatto: sarebbe così facile, così tranchant. Sfido, non sono la Magnani e non mi interessava trasfigurarmi in lei».
Anna Magnani si è sempre sentita molto amata dal suo pubblico. Lei?
«È la mia più grande forza. A teatro, se lo senti ostile dopo un po’ cambi mestiere».
Se dovesse disegnare la sua carriera come una linea, in questo momento a che punto si troverebbe?
«A un apice. A volte mi devo quasi pizzicare per crederci».
Nel complesso, sul lavoro, pensa di aver ricevuto quanto meritava?
«Mi basta quello che ho. Certo, di premi non me ne hanno mai dati, ma d’altra parte è come se io non appartenessi a quel mondo. Però adesso, forse, qualcuno potrà valutare: magari per Anna potrei anche piacere…».
Ci tocca citare Francesca Fagnani: parlando di «quel mondo» allude al famoso «circoletto»?
«Non è un circoletto, è un circolo. Ci sono attori che fanno solo il cinema, si ritrovano continuamente tra di loro. E sa perché? Perché tra un film e un altro passano uno, due anni: chi fa il cinema sta solo a casa, aspetta, è una vita durissima».
La vita di Anna Magnani è stata piena di grandi dolori – la malattia del figlio, l’abbandono da parte di Roberto Rossellini – dei quali, in qualche modo, si è nutrita per la sua arte. Lei ha fatto lo stesso?
«Quello è l’antico cliché del poeta maledetto che soffre, e poi mette in scena la sua sofferenza. Ma noi attori non ci possiamo appoggiare sul nostro dolore privato e personale per dare il sentimento a un personaggio, perché quel personaggio non deve raccontare il dolore di una sola donna. Deve diventare un dolore extracorporeo, immaginato. Un dolore di tutte».
Qual è la caratteristica – pregio o difetto, decida lei – che si riconosce di più come attrice? «La capacità di immaginare il personaggio e di renderlo poi, con gli occhi della mente, preciso».
C’è qualcosa che dicono di lei spesso, e che non è vero?
«Che sono altera, che me la tiro, che mi credo chissà chi… Questa roba qua. Credo sia per via dei lineamenti un po’ duri, delle mie sopracciglia ad ala di gabbiano».
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