Andrea Prospero, il gup rigetta la richiesta di patteggiamento: pena troppo lieve

“Se Andrea fosse stata davvero un suo amico, come avrebbe potuto accettare che morisse in quel modo?”. Se lo chiede Michele Prospero, alla fine dell’udienza davanti al gup per il 18enne accusato di istigazione al suicidio. Il ragazzo, in aula, ha parlato per la prima volta, dicendosi addolorato per la perdita di un grande amico, con il quale aveva a lungo conversato. Un amico, Andrea Prospero, dicono le indagini, di cui avrebbe seguito, messaggio dopo messaggio, la morte per quel mix di farmaci che, secondo l’accusa, avrebbe incitato ad assumere, consigliandolo sulle modalità. E che Andrea le avesse prese lo testimonierebbe il filmato di una video chiamata tra i due, avvenuta la mattina del 24 gennaio, giorno della morte dello studente 19enne. Video che non era stato possibile acquisire finora e che, invece, la polizia postale è riuscita ad acquisire. Ora è agli atti di un’udienza preliminare che non si è conclusa, perché il gup ha respinto la richiesta di patteggiare due anni e mezzo ai lavori socialmente utili, avanzata dalla difesa dell’imputato. Condanna contro la quale i legali della famiglia, gli avvocati Francesco Mangano e Carlo Pacelli, si sono opposti evidenziando l’inadeguatezza di una pena che, hanno sottolineato, non riporta certo in vita Andrea, ma rischia di far passare un senso di impunità nell’imputato a fronte di quanto accaduto. Una posizione che il gup sembra aver condiviso, rinviando l’udienza al 6 novembre. La difesa del 18enne, probabilmente, avanzerà una nuova proposta di patteggiamento, rimodulando la richiesta. Intanto, il legale del ragazzo ha chiesto la revoca degli arresti domiciliari a cui è sottoposto da marzo. “Cosa ci aspettiamo dal proseguo del procedimento? Che la pena venga elevata, perché quella che era stata ipotizzata è ridicola, non sarebbe stata una sentenza accettabile” ha aggiunto Mic help Prospero. “Non vogliamo vendetta, ma solo giustizia. Andrea non tornerà, ma chi ha sbagliato deve pagare. Le sue dichiarazioni? Non erano spontanee”. All’udienza erano presenti anche la madre e i fratelli del ragazzo. Con il cappuccio e il bavero della giacca a coprirgli completamente il volto, a fine dell’udienza, il 18 ha rapidamente lasciato il tribunale insieme al suo avvocato.
La vicenda
Andrea Prospero, originario di Chieti, frequentava il primo anno di università, a Perugia. Uno studente fuorisede come la sorella gemella, Anna. Viveva in uno studentato del centro storico. Le telecamere all’ingresso dell’edificio lo riprendono poco prima che, il 24 gennaio 2025, scomparisse nel nulla. Proprio con Anna avrebbe dovuto pranzare a mensa. Un appuntamento a cui non era mai arrivato. Mentre la sorella lo aspettava, si appurerà, Andrea era già morto, sul letto della stanza di un b&b, a poca distanza dal suo alloggio. Ucciso, dirà l’autopsia, da un mix di farmaci, acquistati, si riscontrerà, in parte in una sorta di mercato nero virtuale, in parte grazie a prescrizioni mediche contraffatte, anche queste reperite via web grazie a utenti di chat condivise. La morte di Andrea, avvenuta lo stesso 24 gennaio, giorno della sua scomparsa, era stata di fatto raccontata passo dopo passo in una chat con, secondo l’accusa, l’imputato e, in una fase finale, con un terzo interlocutore, entrato nella conversazione quando il ragazzo aveva già smesso di interagire: “Stai parlando con un morto”. Ma nelle conversazioni, nessun tentativo di distogliere Andrea dal suo intento, né il tentativo di soccorrerlo. Il dubbio di chiamare o meno l’ambulanza a un certo punto si fa strada, ma poi prevale il “facciamoci i fatti nostri”. Andrea muore così
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