“Blitz di terra in Venezuela contro i narcos”. Trump alza il tiro sulla guerra ai cartelli della droga
Il presidente Donald Trump ha aperto alla Casa Bianca una tavola rotonda sulla lotta ai cartelli della droga e al traffico di esseri umani, affermando che la prima domanda che porrà al leader cinese Xi Jinping, durante il loro incontro programmato per la prossima settimana, sarà relativa al ruolo del Venezuela nel traffico di fentanyl. Secondo Trump, la Cina starebbe usando il Venezuela per il traffico, e su tale base la sua amministrazione avrebbe imposto dazi a Pechino.
“Presto vedremo azioni di terra in Venezuela“, ha tuonato Trump. Almeno un bombardiere B-1B statunitense ha sorvolato il Mar dei Caraibi al largo delle coste del Venezuela, secondo i dati di tracciamento del volo. I dati del sito Flightradar24 hanno mostrato un B-1B volare verso la costa venezuelana mercoledì pomeriggio prima di invertire la rotta e dirigersi a nord, dopodiché è scomparso dalla vista. Interrogato sulla notizia secondo, Trump ha risposto che “è falso“, aggiungendo che gli Stati Uniti “non sono contenti del Venezuela per molte ragioni“.
La dichiarazione segna un salto nella retorica americana verso Pechino e Caracas, ponendo sul tavolo un’alleanza implicita tra Cina e Venezuela nella produzione e nel trasporto della potente oppioide sintetica. Gli Stati Uniti accusano da tempo la Cina di essere un fornitore chiave dei precursori e delle sostanze correlate al fentanyl, trafficate verso il territorio americano. Un rapporto della Drug Enforcement Administration descrive il Paese asiatico come la principale fonte di fentanyl e sostanze analoghe destinate agli Stati Uniti. Tuttavia, la specifica implicazione del Venezuela come “hub” per la Cina risulta più fragile nei fatti. Indagini giornalistiche americane segnalano che, contrariamente alla dichiarazione di Trump, il fentanyl sequestrato negli Stati Uniti viene in gran parte prodotto in Messico utilizzando precursori cinesi.
Il contesto si è fatto più teso dall’inizio di settembre, quando l’amministrazione Trump ha autorizzato operazioni militari contro imbarcazioni al largo della costa venezuelana, che secondo Washington trasportavano narcotici diretti negli Stati Uniti. All’inizio di quetso mese il presidente ha dichiarato che gli Stati Uniti si trovano in un “conflitto armato non internazionale” con i cartelli della droga, aprendo così la strada a un’interpretazione militare della lotta antidroga.
Dal lato cinese, il portavoce del ministero degli Esteri ha accusato Washington di utilizzare la lotta al narcotraffico come pretesto per aumentare la propria presenza militare nel Mar dei Caraibi e minare la sovranità regionale. Il Venezuela, già sottoposto a sanzioni americane per traffico di droga e collusione con gruppi criminali, ha respinto le accuse, definendole parte di una campagna politica.
L’intervento del presidente appare come parte di una doppia strategia: da un lato, esercitare pressione diplomatica su Pechino per ottenere maggiore cooperazione sul fentanyl; dall’altro, giustificare una presenza militare rafforzata nella regione caraibica e latinoamericana. Se Pechino e Caracas respingono le accuse come politicamente motivate, gli Stati Uniti insistono sul fatto che la diffusione del fentanyl rappresenta una minaccia diretta alla sicurezza nazionale, ricordando che migliaia di americani muoiono ogni anno per overdose.
La questione apre un nuovo fronte geopolitico.
Xi dovrà affrontare la pressione di Washington nel prossimo colloquio bilaterale, rischiando di vedere incrinate le relazioni già tese con gli USA. Per il Venezuela, invece, l’escalation militare statunitense e le accuse di essere utilizzato come “hub” del traffico rischiano di accentuare l’isolamento internazionale.
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