due operai a processo, uno patteggia
ANCONA – La luce spenta per dispetto, gli insulti e poi le botte da orbi. Al posto delle armi, avevano usato tubi di metallo, forbici e martello. Per la rissa scoppiata il primo settembre del 2021 all’interno del bacino della Fincantieri sono finiti davanti al gup Francesca De Palma quattro operai, tre di origine bengalese e un somalo. Per quest’ultimo, assistito dall’avvocato Gabriele Galeazzi, il procedimento è stato sospeso: si è, infatti, reso irreperibile.
Le posizioni
Due imputati, di 30 e 35 anni, sono stati ieri rinviati a giudizio. Sono difesi dal legale Antonella Devoli. Un 34enne ha definito la sua posizione patteggiando un anno e sei mesi di reclusione, pena sospesa. Le accuse: lesioni personali aggravate e rissa. I quattro, nel frattempo tutti licenziati dalle ditte per cui lavoravano (non erano dipendenti diretti della Fincantieri) erano finiti all’ospedale con prognosi tra i 14 e il 59 giorni.
Stando a quanto emerso all’epoca dei fatti, era stato preso di mira dal gruppo di bengalesi. La violenza era esplosa su una nave da crociera in costruzione. Ad accedere la miccia, uno scherzo. A un certo punto il 40enne della Somalia si era ritrovato a lavorare al buio. Qualche aveva spento la luce. Poco dopo, il battibecco con uno dei bengalesi. «Io non parlo con gli africani» avrebbe detto al 40enne, che chiedeva spiegazioni. Dalle parole si erano presto passati ai fatti.
Secondo la ricostruzione fatta all’epoca dagli agenti della Polmare, era scoppiata una violenta zuffa che aveva coinvolto i quattro operai. Il somalo era stato colpito alla testa con un martello, poi erano spuntati fuori anche tubi di metallo e forbici. Il somalo era arrivato all’ospedale privo di sensi. Sul posto, erano accorse le ambulanze della Croce Gialla e della Rossa, nonché la polizia per ricostruire la dinamica di quanto accaduto. Parte delle “armi” utilizzate per la violenza erano state sequestrate. Il 34enne che ha patteggiato era assistito dall’avvocato Fabrizio Naspi.




