manca ancora un via libera
Giocare una partita di campionato all’estero: un tabù che ha fatto e continua a far discutere. Era l’idea di Liga e Serie A, dopo le proteste dei tifosi e soprattutto degli altri club, è saltata Barcellona-Villarreal a Miami. Rimane Milan–Como, in calendario fino a prova contraria il prossimo 7-8 febbraio a Perth, ma attenzione perché neppure questa è sicura al 100%: nonostante il via libera, molto poco entusiasta per usare un eufemismo, da parte della Uefa, in Lega Calcio non è ancora arrivata l’autorizzazione della Federcalcio australiana e soprattutto della Confederazione asiatica. E senza quella non si può giocare.
La questione ormai è nota e vale 12 milioni sonanti, 4 per l’organizzazione dell’evento, gli altri 8 per le casse dei club coinvolti (e della Lega). Di fronte a queste cifre, e alla possibilità di promuovere il nostro calcio nel mondo, la Serie A non ci ha pensato due volte a portare una partita di campionato dall’altra parte del pianeta, complice l’indisponibilità di San Siro durante le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina. La stessa idea l’aveva avuta anche la Liga spagnola di Javier Tebas con gli Stati Uniti, con esito differente, però. Se da noi infatti la protesta si è limitata alle dichiarazioni di qualche giocatore riottoso (Rabiot del Milan, a cui ha rimbrottato l’amministratore delegato della Serie A, De Siervo) e un paio di striscioni allo stadio dei tifosi del Como, decisamente più burrascosa è stata l’accoglienza in Spagna: la grande differenza è che mentre i club italiani erano tutti concordi sull’iniziativa, quelli spagnoli si sono spaccati (la fronda guidata dal Real lamentava una disparità di trattamento col Barcellona), con tanto di contestazione plateale dei giocatori, che nel corso dell’ultima giornata sono rimasti fermi per 15 secondi in mezzo al campo. E così alla fine la trasferta in Usa è stata rinviata a data da destinarsi, come annunciato ufficialmente dalla Liga negli ultimi giorni.
Ai più attenti osservatori, però, non sarà sfuggito un dettaglio del comunicato: la Liga specifica che la decisione di rinviare lo storico debutto all’estero è stata presa “a seguito di colloqui col promotore dell’evento”, che avrebbe dovuto metterci i soldi. Ovvero la potente Relevant Sports, che è il distributore del campionato spagnolo negli Stati Uniti, ma anche e soprattutto l’agenzia che si occupa della vendita dei diritti della Champions League in tutto il mondo (compreso il nuovo ricchissimo ciclo dal 2027 fino al 2031). Dunque uno dei partner strategici della Uefa, che allo spostamento di partite dei campionati nazionali è assolutamente contraria, nel dirigismo sempre più marcato che guida le politiche Uefa, a scapito delle Leghe nazionali. Il sospetto è che Ceferin, non potendo dire di no in prima persona (come ha ammesso lui stesso, non c’erano margini legali per negare l’autorizzazione, a maggior ragione dopo le recenti sentenze Diarra e Superlega contro i monopoli Fifa/Uefa), abbia trovato qualcuno che lo facesse per lui. La stessa strategia adesso potrebbe replicarsi anche con la Serie A.
Formalmente, Milan-Como è stata autorizzata, sia dalla Figc che proprio dalla massima associazione continentale. Tutto fatto, dunque? Non proprio, perché manca ancora un pezzo, l’ultima autorizzazione, quella dell’altra parte coinvolta, Australia e Asia. La Federcalcio locale non vede l’ora, è stata uno degli interlocutori con cui l’Italia ha costruito l’evento. Dalla confederazione asiatica (AFC), invece, tutto tace. Nonostante manchino soltanto loro, l’ok definitivo ancora non è arrivato. E qui la vicenda di Milan-Como a Perth si intreccia con quella di Barcellona-Villarreal a Miami, perché dalla AFC avevano fatto sapere che avrebbero rilasciato il nullaosta insieme alla CONCACAF, la confederazione del Nordamerica, che doveva esprimersi sul match negli Usa. Saltato questa, ora cosa farà l’AFC?
Forse non è un caso, perché la Confederazione asiatica a trazione araba è sotto la forte influenza del Qatar e di Nasser al-Khelaifi, ovvero il principale alleato di Ceferin. Sembra una strategia già vista, che contro la Liga ha avuto gioco facile grazie anche alle tante polemiche e proteste nell’opinione pubblica, molto più circoscritte a dire il vero in Italia, non è detto quindi che funzioni anche stavolta. Ma la Lega Calcio adesso teme che l’esito possa essere lo stesso, e la questione non è affatto chiusa (come dimostra anche la dichiarazione del commissario Ue, Glenn Micallef, che auspica un ripensamento anche della Serie A). Solo un altro capitolo nel grande scontro geopolitico per il comando del pallone, in questo caso tra Leghe nazionali e Uefa. Una partita che fin qui i campionati (e quindi le nostre squadre) stanno perdendo su tutta la linea.
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