Stupro, una sentenza che divide. I penalisti: «Indebite pressioni sulla Corte»
MACERATA Continua a far discutere il caso del giovane assolto in primo grado e condannato in secondo a tre anni per violenza sessuale su una 17enne. A dividere sono stati alcuni passaggi con cui i giudici di primo grado avevano motivato, a febbraio 2023, l’assoluzione del giovane. Ora a prendere posizione sono da un lato il direttivo della Camera penale maceratese presieduta dall’avvocato Donato Attanasio che stigmatizza le critiche nei confronti della sentenza di primo grado e dall’altro le operatrici dei centri antiviolenza e delle case-rifugio delle Marche che invece parlano di «motivazioni scandalose».
Intanto i difensori dell’imputato, gli avvocati Bruno Mandrelli e Mauro Riccioni, sono pronti a ricorrere in Cassazione. Il loro assistito, un elettricista che all’epoca dei fatti aveva 25 anni, ribadisce la propria estraneità: «In questo momento sono molto triste per quanto sta accadendo. Di sicuro voglio andare avanti per dimostrare la mia totale innocenza».
Le posizioni
Mentre era in corso la camera di consiglio, sottolinea la Camera penale di Macerata, in pratica nelle ore in cui i giudici di appello stavano decidendo la sorte del giovane accusato di aver violentato la ragazza, «è divampata una crescente polemica, che ha investito le espressioni usate dai giudici di primo grado per motivare il proprio convincimento di inattendibilità del racconto della giovane». Neppure la condanna inflitta dai giudici di appello «ha placato le polemiche che hanno preso di mira alcune parole utilizzate dai giudici del primo grado, estrapolate dal contesto motivazionale per creare la consueta retorica della sentenza choc. L’obiettivo è colpire l’opinione pubblica solleticando i commenti di chi, senza aver letto una sola riga del provvedimento di cui parlano, invoca una condanna ad ogni costo». La Camera penale si domanda quali siano i provvedimenti, «se ve ne sono stati, apprestati a tutela di quei giudici di appello, pressati da proteste levatesi fuori e dentro il Palazzo di giustizia ed esposti alla eco del popolo che reclama giustizia, proprio mentre erano impegnati nel delicato compito di decidere le vite di due giovani, l’imputato e la presunta vittima».
Le frasi
I penalisti si chiedono se Anm non ritenga doveroso assumere posizioni a difesa dei giudici di primo grado, «esposti al ludibrio per frasi che costituiscono non esternazioni di matrice maschilista ma argomentazioni a sostegno della motivazione assolutoria». Sono frasi, secondo la Camera penale, che «non mirano a screditare la giovane ma soltanto a spiegare, doverosamente, perché il Tribunale non ha ravvisato la prova del mancato consenso e dunque della violenza sessuale». In realtà, aggiungono, dietro a queste critiche si cela un principio «totalmente estraneo alla nostra normativa processuale: la presunzione di veridicità delle dichiarazioni della persona offesa nei reati a sfondo sessuale, oltre a quel sillogismo mediatico che vede la Giustizia nella sola condanna». Si tratta di «una pericolosa deriva interpretativa che, presupponendo un pregiudizio di colpevolezza nei confronti dell’imputato e di fatto un’inversione dell’onere della prova, lo vuole privare delle garanzie del processo liberale e democratico». Le operatrici che lavorano nei centri antiviolenza e nelle case-rifugio delle Marche invece attaccano: «L’orrore delle motivazioni depositate dal Tribunale di Macerata resta una ferita aperta e un segnale d’allarme gravissimo sullo stato della cultura giuridica nel nostro Paese».
L’affondo
«Non dimenticheremo le parole usate – aggiungono -: l’assoluzione basata sul fatto che la vittima aveva già avuto rapporti dunque era in condizione di immaginarsi i possibili sviluppi della situazione. Queste affermazioni rappresentano un manifesto della cultura dello stupro e un atto di vittimizzazione secondaria istituzionale intollerabile. Ribadiamo la richiesta al Ministero della Giustizia e al Csm: è urgente investire in una formazione specialistica obbligatoria per tutti i magistrati e gli operatori del diritto sulla violenza di genere, sugli stereotipi e sulla corretta applicazione delle convenzioni internazionali».