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consenso informato per attività religiose

Mentre il centrodestra prosegue spedito nella riscrittura del ruolo educativo della scuolatra divieti all’educazione affettiva e restringimento della carriera alias — alla Camera avanza un’altra proposta destinata a far discutere. Si tratta della mozione n. 7/00309, firmata dal leghista Rossano Sasso, anche relatore del ddl Valditara, che introduce l’obbligo di consenso informato per tutte le attività scolastiche “legate alla religione”. In apparenza una misura di garanzia; nella sostanza, un testo apertamente islamofobico, che mira a presentare l’Islam come incompatibile con l’“identità italiana” e con i principi costituzionali.

La risoluzione, all’esame della Commissione Cultura della Camera, prende le mosse da una serie di episodi di cronaca — visite scolastiche a moschee o lezioni sull’Islam — descritti in modo parziale e sensazionalistico. Dalle scuole elementari di Sesto San Giovanni a Crema fino a Treviso, ogni iniziativa di dialogo interreligioso viene citata come “potenziale indottrinamento”, fino a evocare la necessità di “controllare” preventivamente le attività extracurricolari attraverso il consenso scritto delle famiglie. Nel testo si legge che “la Sharia è totalmente in contrasto con le leggi italiane” e che “diventa urgente acquisire preventivamente l’autorizzazione delle famiglie per qualsiasi attività che riguardi la religione”. A essere chiamato in causa è l’articolo 8 della Costituzione, citato però in modo strumentale, come denunciano le associazioni: “Il testo afferma che nessuna intesa è stata ancora siglata tra lo Stato e la religione islamica, come se ciò giustificasse una forma di sorveglianza preventiva”. Un’impostazione che, secondo i giuristi ascoltati in Commissione, rovescia il principio di libertà religiosa, spostando il baricentro da una scuola laica e inclusiva a un’istituzione chiamata a distinguere il “bene” dal “male”.

Proprio su questo punto è intervenuta con forza in Commissione la rete Educare alle Differenze, che ha denunciato il carattere discriminatorio della mozione e il tono “profondamente islamofobo” del dibattito parlamentare. “Sasso ha equiparato Islam e terrorismo, affermando che la scuola deve insegnare a distinguere il bene dal male, dove il male è identificato con l’Islam” ha dichiarato la presidente Monica Pasquino. Parole che, per Pasquino, rappresentano “una visione da Stato confessionale, che prova a minare alla radice la funzione laica e democratica dell’istruzione pubblica”. L’associazione ricorda che le visite nei luoghi di culto non sono pratiche confessionali, ma esperienze di conoscenza culturale e storica, spesso promosse dagli stessi docenti “per favorire curiosità, rispetto e consapevolezza critica”. “La scuola italiana è già multiculturale nei volti, nelle lingue e nelle storie che la abitano. Se tace di fronte alla differenza, consegniamo il campo al pregiudizio e legittimiamo il bullismo e l’esclusione, anche da parte delle istituzioni” continua Pasquino.

Dietro il lessico del “consenso informato”, secondo la rete, si nasconde un nuovo strumento di controllo ideologico, coerente con il disegno politico portato avanti dal Governo Meloni sulla scuola: dalla limitazione dei progetti di educazione alle relazioni affettive al ritorno di un modello educativo centrato sulla “famiglia naturale”. “Mentre le scuole affrontano classi sovraffollate, carenza di risorse e disuguaglianze crescenti, la mozione Sasso distoglie l’attenzione dai problemi reali per creare nemici immaginari e spargere odio”. A intervenire in audizione è stata anche Anief, rappresentata da Daniela Rosano, segretaria generale, e Moira Pattuglia, referente per l’insegnamento della religione cattolica. Il sindacato ha ricordato che gli organi collegiali – dai consigli di classe al Consiglio d’Istituto, dove siedono anche i genitori – “garantiscono già la partecipazione democratica e la condivisione delle scelte educative e culturali”. Introdurre un ulteriore consenso informato, ha spiegato Rosano, “non tutela la libertà educativa della scuola ma rischia di frammentare la didattica e minare la coerenza del progetto formativo”.

“Poiché i genitori sono già parte attiva del sistema scuola questa ingerenza non è opportuna: l’autorizzazione familiare è già prevista per le attività esterne, non si comprende perché debba servire un consenso specifico solo per quelle legate alla religione. Al contrario, l’esperienza multiculturale andrebbe incoraggiata: non si possono trasformare pochi episodi di cronaca in pretesto per limitare la libertà di insegnamento”. Nella memoria consegnata alla Commissione, Anief richiama il Testo unico della scuola del 1994, che affida la programmazione delle attività agli organi collegiali, e ribadisce che “la scuola, in una società multiculturale, deve offrire strumenti di conoscenza e dialogo con l’altro, anche attraverso il fatto religioso, che è parte della cultura e della storia umana”. Per questo, conclude il sindacato, “subordinare ogni iniziativa al consenso preventivo delle famiglie significherebbe negare l’autonomia professionale dei docenti, bloccare la progettazione educativa e svuotare il ruolo democratico degli organi collegiali, che sono garanzia di pluralismo e trasparenza”. Così, denunciano le associazioni, la scuola rischia di perdere la sua funzione democratica: da luogo di incontro e conoscenza a campo di battaglia ideologica, dove l’identità nazionale si afferma per contrapposizione. Intanto la Commissione continua spedita, le opposizioni restano in silenzio e la Lega continua a invocare una scuola “al riparo” dai temi sensibili.


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