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L’abbraccio a Carla e gli applausi. Ma è il giorno più nero di Sarkozy

Amici, famiglia, sostenitori, vicini di casa: lo hanno aspettato davanti alla sua abitazione. È uscito a piedi dal cancello, lentamente, mano nella mano con la moglie Carla Bruni. Nicolas Sarkozy ha trascorso così gli ultimi venti minuti di libertà, prima di salire sull’auto che lo ha condotto ieri mattina nel carcere parigino de La Santé. Piccolo bagno di folla con le persone chiamate a partecipare al rassemblement di solidarietà organizzato da Louis Sarkozy, uno dei figli dell’ex presidente della Repubblica. Qualche centinaio dietro le transenne. Fotografi, compagni del partito neogollista con cui ha condiviso la parabola da leader. Le grida: “Nico-las! Nico-las!”; “Liberatelo”. La Marsigliese intonata. Sorrisi, saluti. L’abbraccio con la moglie. Poi la giacca blu, il pullover bleumarine e la camicia bianca sono scomparsi nell’auto dai vetri oscurati portandolo in un altro scenario: il metallo bianco del penitenziario, dove, come hanno spiegato i due legali, ha ricevuto un trattamento al pari di ogni altro detenuto. Nessun privilegio.

Sarko ha dovuto depositare gli effetti personali (era stato consigliato a Carla di comprargli un orologio da pochi euro). Gli sono state prese le impronte digitali. Ha dovuto lasciare gli abiti. E da uomo libero quale era fino a ieri mattina, tuttora presunto innocente, è diventato poco dopo le 11 un detenuto come gli altri. Pur sistemato nell’area “vip” de La Santé, la zona utilizzata per volti noti e criminali macchiatisi di reati come le violenze sessuali su minori che rischierebbero la vita a condividere la cella con altri, è stato posto in isolamento per la sua sicurezza. Perquisito all’arrivo, non è stato fatto denudare completamente. Foto e numero di matricola. Poi i colloqui con un operatore sanitario per segnalare eventuali problemi di salute. Niente profumi, niente deodoranti personali. Kit fornito dal penitenziario.

La richiesta di scarcerazione è stata presentata dagli avvocati di Sarkozy al suo arrivo. E mentre lui scompariva dietro gli alti muri della prigione, la politica si divideva davanti a una “prima” per la storia della Repubblica francese: tolti i casi ben diversi di Luigi XVI e Philippe Pétain, nessun altro ex presidente era mai finito in cella. “Decisione completamente ingiusta”; dietro le sbarre per “una acrobazia giudiziaria e per una costruzione intellettuale”, hanno scandito gli avvocati.

A parte la condanna a 5 anni per associazione a delinquere finalizzata ad ottenere finanziamenti dall’entourage di Gheddafi per la corsa 2007 all’Eliseo, a far discutere ieri è stata pure l’esecuzione provvisoria della pena, senza attendere il ricorso. Punto cardine della vicenda (sollevato già in occasione della condanna all’ineleggibilità di Marine Le Pen lo scorso marzo) su cui è intervenuto il capo dello Stato. Più di un partito vorrebbe modificare la legge per superare questa possibilità nelle mani dei giudici: “Dibattito legittimo in democrazia, ma dev’essere condotto con calma affinché il sistema giudiziario possa proseguire l’azione con serenità, tutti vogliono che ci siano vie di ricorso e appello”, ha detto il presidente Emmanuel Macron.

La polemica, da sinistra, è anche sulla scelta di Macron d’aver incontrato Sarko lo scorso fine settimana all’Eliseo. “Pressione sul sistema giudiziario”, secondo il segretario socialista Faure; dà “la sensazione che ci siano imputati di natura diversa”. La leader dei Verdi, Tondelier, ha chiesto “la fine di questa monarchia presidenziale e dei privilegi di classe”, denunciando il “circo” dell’incarcerazione. Nel mirino dei mélenchoniani, la visita annunciata del Guardasigilli Darmanin.

“È in una cella di 9 m², c’è rumore tutto il tempo…”, gli altri dettagli forniti da uno dei legali di Sarkò, Jean-Michel Darrois, che ha aggiunto: “Ha incontrato la moglie” nel pomeriggio. “Un primo giorno di prigione è terribile, e lui l’ha superato”.


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