il Salone del libro di Torino è di proprietà privata
TORINO – Chiuso ormai da mesi il sipario sulla XXXVII edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino, il secondo sotto la direzione di Annalena Benini – che ha registrato il record di 231.000 presenze, 2.647 eventi ufficiali, 800 eventi del Salone Off e una partecipazione corale che ha trasformato il Lingotto in un vibrante crocevia internazionale della cultura – , non si placano però le polemiche.
Dopo quella intercorsa tra il sindaco di Torino Stefano Lo Russo e il ministro della Cultura Alessandro Giuli – al centro i fondi per la manifestazione – è il momento per Silvio Viale, presidente Associazione Torino, la Città del Libro, di mettere il punto su alcuni dubbi o voci riguardo alla governance della manifestazione rispondendo a Giulio Biino, che guida la Fondazione Circolo dei lettori. Punto su cui Viale si era già espresso a suo tempo.
Condivido con il Presidente del Circolo dei Lettori, Giulio Biino, la necessità di costruire un grande progetto per la promozione del libro e della lettura.
Incontrerò il notaio appena possibile e capirò quali sono le intenzioni ed eventualmente le riporterò ai miei azionisti, come è giusto che sia.
A valle della presentazione del “Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia”, curato dal Centro Studi dell’AIE in occasione della Buchmesse di Francoforte, che evidenzia un calo del mercato del libro e inizia a destare preoccupazione tra gli addetti ai lavori, credo che il Salone Internazionale del Libro — vista l’importanza che riveste come istituzione culturale e come straordinario evento italiano di promozione del libro e della lettura — abbia oggi il dovere di confrontarsi con le Istituzioni, con gli Editori, le Librerie, i Festival letterari, le Biblioteche e con tutti gli operatori del settore, per invertire la rotta e candidarsi a costruire un grande progetto di rilancio.
Relativamente alle cosiddette questioni di governance, come ho già avuto modo di dichiarare durante i giorni del Salone del Libro 2025, credo che se ne parli in modo improprio. Comprendo i meccanismi della comunicazione politico-istituzionale e anche la naturale ‘voglia’ di discutere di possibili ingerenze o contrapposizioni, ma non è questo il caso.
Il Salone del Libro, pur rappresentando un’evidente missione pubblica, è al momento di proprietà privata. Io sono al mio posto, l’Amministratore Delegato Piero Crocenzi è al suo posto, così come la Direttrice Annalena Benini, che ha un contratto 3+3 con l’Associazione che rappresento. Questo contratto si rinnoverà automaticamente al termine di questa edizione e ne siamo molto felici.
Le circostanze ci hanno portato ad acquistare il marchio del Salone e il suo compendio, a seguito della messa in liquidazione della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura, decisa dagli enti pubblici.
Ritengo che, dal febbraio 2019, nonostante le difficoltà legate al periodo pandemico, e anche grazie alla collaborazione con le istituzioni territoriali e le fondazioni bancarie, si sia riusciti a portare avanti un piano industriale che ha restituito al Salone il ruolo di uno dei più importanti eventi di promozione del libro e della lettura a livello europeo.
Se si desidera modificare la logica di governance del Salone, lo si può fare solo a partire dalla manifestazione di una eventuale volontà di riacquisto, che rappresenterebbe innanzitutto un importante riconoscimento del lavoro che abbiamo svolto. Ma non ci risulta che questo scenario sia all’ordine del giorno.
E, nel caso, qualunque proposta sarebbe opportunamente sottoposta alle valutazioni dei nostri azionisti.
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