Plant based, la sfida dei costi (e del gusto) per continuare a crescere
Il mercato globale delle proteine alternative vale oggi 90,5 miliardi di dollari ed è destinato a raggiungere i 238,7 miliardi entro il 2034, con un tasso di crescita annuale del 9,8%. Un’espansione trainata da un’accelerazione della ricerca scientifica senza precedenti.
In Europa i finanziamenti pubblici al settore sono quasi triplicati negli ultimi cinque anni, raggiungendo i 318 milioni di euro. L’Italia si distingue come prima nazione europea per numero di ricercatori attivi nel settore, con 633 specialisti impegnati nell’innovazione delle proteine alternative. Un’eccellenza scientifica che si riflette anche nei consumi: nel 2024 le vendite di prodotti vegetali hanno toccato i 639 milioni di euro, con una crescita del 16,4% rispetto al 2022. Particolarmente significativo l’andamento delle alternative vegetali al formaggio, che hanno raddoppiato il loro valore in due anni, registrando un incremento del 100%.
I dati emergono dagli Stati Generali delle Proteine Alternative, evento organizzato da Italbiotec con la partecipazione del Consorzio Italbiotec, Gfi Europe e Fondazione OnFoods, e tenutosi a Milano presso la Fondazione Feltrinelli. Ideato da Maurizio Bettiga, chief innovation officer di Italbiotec, il dibattito ha riunito scienziati, aziende, agricoltori e istituzioni per fare il punto sulla trasformazione del sistema alimentare contemporaneo.
Il quadro che emerge è quello di un settore in pieno boom che si confronta con una sfida cruciale: conquistare il piatto del consumatore.
Il 51% degli europei nel 2023 ha ridotto il consumo di carne, con Italia e Germania in testa al 59%. Le motivazioni sono principalmente legate alla salute (47%), al benessere animale (29%) e alla sostenibilità (26%). Si tratta prevalentemente di Millennials e Gen Z che in due casi su tre integrano attivamente alimenti plant-based nella loro dieta. Consumatori urbani che si identificano spesso come flexitariani, categoria che rappresenta il 27% della popolazione europea, accanto a un 62% di onnivori e all’8% tra vegetariani e vegani.
Nonostante i numeri incoraggianti, la strada verso la piena accettazione delle proteine alternative presenta ostacoli ben definiti. Secondo uno studio condotto dall’Eth di Zurigo e presentato durante l’evento milanese, il gusto rimane il principale fattore di scelta, seguito dalla percezione di salute e sostenibilità. La chiave per conquistare la fiducia dei consumatori è la familiarità: le persone scelgono ciò che conoscono. Non a caso, le fonti proteiche più accettate come alternative alla carne sono quelle percepite come naturali e tradizionali: patate, riso e piselli. Per l’Italia spiccano le lenticchie. Al contrario, insetti, alghe e carne coltivata restano opzioni meno appetibili, considerate innaturali o troppo distanti dall’esperienza quotidiana.
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