Ambiente

Dalla crisi alle opportunità, Milano città aperta a tutti

In un momento in cui Milano è sotto attacco mediatico e giudiziario, ritengo doveroso – pur senza entrare nel merito dell’operato della magistratura – ricordare quanto la città sia riuscita a costruire e affermare negli ultimi dieci anni. Un modello virtuoso, quello milanese, che merita di essere difeso.

Come ho sottolineato al Forum Scenari Immobiliari, se esiste un «modello Milano», è quello di una città che, dopo un importante rilancio, oggi si trova davanti alla sfida del «secondo atto». È un passaggio ricorrente nella storia urbana: New York negli anni Sessanta, Rio de Janeiro nei Settanta, Città del Messico negli Ottanta. O Barcellona, che si reinventa grazie alle Olimpiadi del 1992, vive un periodo di slancio e poi entra in crisi.

Milano è oggi a un bivio simile. La sua rinascita inizia con Expo 2015. All’epoca, la città appariva stanca, disillusa, incerta persino sulla possibilità di inaugurare l’evento in tempo. E invece, Expo diventa il catalizzatore che unisce gli attori locali e rilancia l’immagine della città a livello globale.

Da lì prende forma il «primo atto»: nuove infrastrutture, un sistema universitario sempre più competitivo, attrattività crescente per studenti e talenti internazionali. Interi quartieri cambiano volto – Porta Nuova, CityLife – e Milano si afferma come città globale, nel senso dato dalla sociologa Saskia Sassen: nodi strategici nell’economia mondiale, centri di finanza, innovazione, servizi avanzati, con un’influenza che va oltre i confini nazionali.

Il successo, però, comporta anche nuovi squilibri. Quando una città funziona, i beni diventano scarsi e i prezzi salgono – a partire dal costo del suolo. Milano oggi è più cara e meno accessibile rispetto a dieci anni fa. Il rischio è che questo riduca lo spazio per chi studia, crea, lavora, rischia.


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