Stupro, assolto perché «lei non era vergine». Castelraimondo, appello la condanna a 3 anni al giovane elettricista: sentenza ribaltata ad Ancona
MACERATA «Aveva già avuto rapporti, dunque era in condizione di immaginarsi i possibili sviluppi della situazione». Era stato scritto nero su bianco dai giudici del Tribunale di Macerata, tra le varie argomentazioni, nella motivazione della sentenza con cui il 28 novembre del 2022 avevano assolto un elettricista, all’epoca dei fatti 25enne, accusato di avere violentato una ragazza straniera di 17 anni. Per il collegio presieduto dal magistrato Andrea Belli «il fatto non costituisce reato». Ieri il ribaltone davanti alla Corte d’Appello di Ancona. L’imputato è stato condannato per violenza sessuale, ma nell’accezione di minore gravità, a tre anni di carcere. I giudici dorici sono entrati in camera di consiglio intorno alle 17.15, pronunciando il verdetto alle 19.
La mobilitazione
La vicenda giudiziaria, nelle ore precedenti, aveva acceso il dibattito politico nazionale proprio per quel passaggio contenuto nelle motivazioni della sentenza di primo grado. E il “Forum delle donne” ha promosso davanti alla Corte d’appello un sit-in per esprimere solidarietà alla ragazza. «Facciamo rumore, non restiamo in silenzio», lo slogan delle manifestanti. La giovane, non presente ieri in aula, era stata riascoltata nel corso del secondo grado di giudizio. Il sostituto pg Cristina Polenzani aveva chiesto di riformare la sentenza di assoluzione e condannare l’imputato a quattro anni e un mese. Secondo l’accusa le parole della ragazza furono «precise e puntuali». Acconsentì ad «effusioni», manifestando però subito di non voler andare oltre. E la pg ha sottolineato un aspetto: «Per non incorrere in violenza il consenso deve esserci dall’inizio alla fine del rapporto. Il suo no venne manifestato subito». Alla fine la condanna inflitta dai giudici è stata di tre anni e le motivazioni verranno depositate entro 90 giorni.
La vicenda
L’imputato, che ora ha 31 anni, all’epoca dei fatti era finito ai domiciliari per circa 40 giorni, per poi essere assolto in primo grado. La tesi della difesa è stata sempre la stessa: «Il rapporto era consenziente, la ragazza si è contraddetta più volte, la sua versione non ha trovato riscontri neppure nell’esame ginecologico». La vicenda risale al 9 luglio del 2019, quando due coppie erano andate in macchina a Castelraimondo nella zona del “Pipistrello”. L’auto era dell’imputato e con lui c’erano un suo amico che in quel periodo frequentava una giovane straniera e una studentessa anche lei straniera, di 17 anni. A un certo punto la coppia di amici si era allontanata di qualche metro e in auto erano rimasti l’elettricista e la 17enne. Dopo un po’ la ragazzina si era allontanata e aveva raggiunto delle amiche alle quali aveva raccontato di essere stata violentata. Fu poi accompagnata dai carabinieri per sporgere denuncia. Il pomeriggio successivo fu portata in ospedale e sottoposta a un controllo ginecologico.
Gli accertamenti
Al giovane nel frattempo fu sequestrato il cellulare, in chat a un amico aveva scritto: «Me la sono sco…» e poi «Non è che mi ritrovo in galera?». Finì agli arresti domiciliari e poi sotto processo per violenza sessuale e lesioni. I difensori, Mauro Riccioni e Bruno Mandrelli, hanno sempre parlato di contraddizioni nei racconti della 17enne: «Quella notte aveva lasciato il finestrino dell’auto aperto, aveva detto di essersi accordata con l’amica che se ci fosse stato qualche problema avrebbe gridato la parola “ape” e non l’ha fatto. Ha detto di essere stata trattenuta e di essersi difesa con calci e pugni ma non aveva segni né ecchimosi e dall’esame ginecologico fatto il pomeriggio del giorno successivo non erano emersi segni di violenza». Il rapporto, per la difesa, è stato consenziente. Nelle motivazioni della sentenza di primo grado, finita al centro delle polemiche, c’erano alcuni passaggi chiave. Tra questi il fatto che la ragazza non avrebbe «in alcun modo opposto resistenza né invocato aiuto» e nemmeno «cercato di sottrarsi ad esempio aprendo la portiera posteriore pur potendolo fare tranquillamente». Ma in Appello il pg Polenzani e l’avvocato di parte civile, Fabio Maria Galiani, hanno evidenziato che la giovane uscì dall’auto e raccontò immediatamente alla sua migliore amica di aver subito violenza. E ieri la sentenza è stata ribaltata. Il giovane elettricista, alla lettura del dispositivo, è rimasto impietrito: «Era provato, sbigottito. Non ha trovato la forza di dire nulla», raccontano i suoi legali.