Sentenza ribaltata in appello, condannato a tre anni l’uomo assolto in primo grado con la motivazione shock: «Non è stupro, lei aveva già avuto rapporti»
La sentenza di primo grado diceva: «Aveva già avuto rapporti sessuali, dunque era in condizione di immaginarsi i possibili sviluppi della situazione». Con questa motivazione c’era stata l’assoluzione dal tribunale di Macerata per Claudio Bravi, ora trentenne, dall’accusa di aver violentato una 17enne in Italia per motivi di studio nel 2019. La Corte d’appello di Ancona ha ribaltato questa sentenza condannando l’uomo a tre anni di carcere per abusi sessuali. La sostituta procuratrice generale Cristina Polenzani aveva chiesto quattro anni e un mese.
Alcuni passaggi delle motivazioni della sentenza di primo grado avevano portato grandi polemiche. Secondo i giudici la 17enne non avrebbe «in alcun modo opposto resistenza né invocato aiuto» e non avrebbe «cercato di sottrarsi ad esempio aprendo la portiera posteriore pur potendolo fare tranquillamente».
«Dopo essersi scambiati alcuni baci e carezze, xxx si era resa perfettamente conto dell’intenzione di Bravi di avere un rapporto, sia perché glielo aveva chiesto esplicitamente, sia e soprattutto perché aveva estratto dal cassetto portaoggetti un preservativo, non utilizzato in quanto la ragazza gli aveva riferito di assumere la pillola… L’eventuale contrarietà manifestata dalla ragazza – certamente non prima della penetrazione proprio per l’assenza dei segni della violenza – ovvero il ripensamento, non siano stati recepiti dal Bravi se non, forse, alla fine, quando la ragazza decide di fare ritorno al residence da sola a piedi».
I parlamentari del Pd in commissione Femminicidio Cecilia D’Elia, vicepresidente, Sara Ferrari, capogruppo dem, Filippo Sensi, Valeria Valente, Antonella Forattini e Valentina Ghio hanno scritto: «La sentenza choc del Tribunale di Macerata, che ha assolto in primo grado un giovane dallo stupro perché la ragazza non era vergine e quindi sapeva cosa l’aspettava sul sedile posteriore di un’ auto, conferma che in Italia c’è assoluto bisogno di una legge sul consenso. Chiediamo alla commissione bicamerale d’inchiesta sul femminicidio e al Parlamento di schierarsi senza distinzione di colori politici e appartenenze su una battaglia per l’approvazione di un testo di civiltà per le donne».
Secondo l’accusa la ragazza aveva manifestato subito la volontà di non andare oltre le effusioni. «L’imputato non percepì volontariamente la volontà della ragazza». La giovane, che non era riuscita a urlare perché l’uomo le bloccva la bocca, è subito uscita dall’auto e ha raccontato l’accaduto all’amica che era con lei. I difensori dell’uomo, che parlano di processo indiziario e scarsa credibilità della ragazza, hanno annunciato ricorso in Cassazione dopo la lettura delle motivazioni della sentenza di secondo grado.
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