«Lei non era vergine. Ha accettato di appartarsi, doveva aspettarselo»
«Aveva già avuto rapporti dunque era in condizione di immaginarsi i possibili sviluppi della situazione». Lo scrivono nero su bianco i giudici del Tribunale di Macerata nella sentenza con la quale hanno assolto un 31enne (all’epoca dei fatti 25enne), dall’accusa di violenza sessuale nei confronti di una 17enne.
La ragazza, straniera, si trovava a Macerata nell’estate del 2019 per motivi di studio. Aveva, scrivono i giudici, «accettato la proposta dell’amica di un’uscita in quattro, in compagnia di due ragazzi italiani pressoché sconosciuti e di appartarsi in tarda serata in automobile in un luogo isolato e scarsamente illuminato».
Assolto dopo lo stupro
Lì l’amica e l’altro ragazzo erano scesi dalla macchina, mentre lei «era rimasta in compagnia dell’imputato, accettando di accomodarsi sul sedile posteriore e qui di scambiarsi effusioni amorose con lui, senza manifestare sino a quel momento alcuna contrarietà, nonostante fosse evidente a chiunque che fossero giunti in quel posto proprio a tale scopo», scrivono ancora i giudici. La 17enne però aveva denunciato di essere stata violentata dopo essersi opposta alla volontà dell’imputato di avere un rapporto.
LA DENUNCIA
Lui, secondo il racconto della ragazza, si era messo sopra di lei, bloccandole con una mano la spalla, e ne aveva abusato.
Di qui le «lesioni echimotiche giudicate guaribili in otto giorni» riportate nel capo di imputazione. La ragazza si era poi incamminata a piedi verso il suo alloggio e aveva contattato una sua amica, dicendole: «Io ho detto no ma è stato troppo forte rispetto a me, più forte di me». Quindi, tramite la mamma di questa amica, una loro insegnante era venuta a conoscenza dell’accaduto e l’aveva ospitata nella sua stanza, accompagnandola il giorno dopo a sporgere denuncia e a farsi visitare in pronto soccorso. Secondo il consulente del pm, quei segni sulla spalla della persona offesa potevano essere quelli lasciati dalla mano dell’imputato per bloccarla, ma secondo il consulente della difesa si trattava soltanto di «lesioni provocate da un meccanismo di suzione».
Ed era stata quest’ultima consulenza ad essere ritenuta la più corretta dal collegio che tra i motivi di assoluzione dell’imputato specificava che la 17enne «non aveva in alcun modo opposto resistenza, né invocato aiuto. Non aveva cercato di sottrarsi ad esempio aprendo la portiera posteriore, pur potendolo fare tranquillamente». Non solo, sostenevano i giudici, «il suo ripensamento, non è stato recepito dall’imputato se non, forse, al termine del breve rapporto, quando la ragazza aveva deciso di fare ritorno al residence da sola a piedi».
L’APPELLO
Il collegio non ha negato che la persona offesa «possa aver subito conseguenze sotto il profilo psicologico a seguito del rapporto che sicuramente non era avvenuto secondo le sue aspettative e forse in maniera troppo fugace e priva di tatto».
Una sentenza contro cui hanno presentato appello il pubblico ministero e le parti civili, assistite dall’avvocato Fabio Maria Galiani. Per il pm, il «materiale istruttorio raccolto impone che l’imputato venga condannato». «La parte offesa – scrive il pm nel suo ricorso – ha sempre ribadito che non voleva avere in nessun modo un rapporto con l’imputato, aveva provato a respingerlo anche dandogli un pugno ma non si poteva muovere». Inoltre, sottolinea l’accusa, «le dichiarazioni dell’allora minore trovano puntuale riscontro in quelle rese dalle amiche e dall’insegnante» che hanno testimoniato al processo e che «hanno avuto un contatto diretto con lei subito dopo il fatto». Riuardo al fatto che la 17enne non abbia urlato, il pm sostiene che sia un fatto «compatibile con la veloce immobilizzazione e il rapporto altrettanto veloce subito in stato di forte paura e di impotenza fisica». Oggi l’udienza davanti alla Corte d’appello di Ancona.