Il turismo come ossessione: quasi il 79 % viaggia per fotografare luoghi famosi
Santopietro, partiamo dai numeri. Questa estate c’è stato un susseguirsi di dati in chiaroscuro sul turismo in Italia. Ora siamo in autunno: possiamo fare il punto reale della situazione?
«Dai numeri a nostra disposizione – frutto dell’incrocio tra dati provenienti da Banca d’Italia, Unioncamere, dal portale di Visit Italy e dai nostri sondaggi – possiamo affermare che nei tre mesi estivi si sono registrati in Italia circa 70 milioni di arrivi, con una crescita del 6,4 percento rispetto al 2024. Si tratta però ancora di dati previsionali».
È un buon risultato?
«Lo è. Presto sarà integrato da altri numeri, positivi anche questi, sui turisti italiani che hanno scelto settembre per viaggiare».
Visit Italy ha diffuso di recente uno studio in cui si afferma che, questa estate, tre turisti su quattro hanno viaggiato più per spuntare mete iconiche che per scoprire davvero i luoghi.
«Abbiamo definito questo fenomeno “Checklist Era”. Lungo una timeline storica che ci vede prima nomadi per sopravvivenza, poi conquistatori, poi commercianti e, nell’800, viaggiatori in cerca di arricchimento personale, siamo oggi giunti all’ultima era del viaggio, che coincide anche con il punto più basso dell’evoluzione degli spostamenti umani».
Addirittura.
«La realtà oggi è questa. Ci muoviamo guidati più da una ricerca di esperienze da documentare e condividere che da un vero viaggio di scoperta. La visita dei luoghi si è ridotta a una mera prestazione performativa».
Colpa dei social?
«Come Visit Italy constatiamo queste dinamiche ovunque, dai social ai forum: “Devo vedere assolutamente X”, “devo visitare per forza Z”. Il linguaggio ci tradisce: vogliamo spuntare tutte le caselle di una lista percepita come obbligata, il nostro viatico per l’accettazione sociale. Riconoscere questo fenomeno è l’unico modo per iniziare a superarlo».
Anche nell’800 i giovani aristocratici, nei loro Grand Tour, viaggiavano per riconoscimento sociale.
«C’era sempre in ballo lo status, certo. Quelle persone però viaggiavano per mesi, a volte anni, alla ricerca soprattutto di una conoscenza profonda delle culture e degli usi dei popoli. La validazione oggi non passa più dall’apprendimento della natura di un luogo e delle persone che lo abitano ma dall’ostentazione mediatica della meta raggiunta».
Nel suo The Game Alessandro Baricco spiega che siamo diventati superficiali soprattutto a causa del nostro approccio con la tecnologia. Le macchine svolgono per noi il lavoro ruvido di ricerca, permettendoci di veleggiare sulla superficie liscia delle cose. Questa mancanza di profondità si riflette anche nel turismo.
«In realtà, se adoperata bene, la tecnologia può trasformarsi in uno strumento unico per raccontare storie e destinazioni fuori dalle rotte più battute. Paradossalmente i social possono essere anche un antidoto all’overtourism che loro stessi hanno contribuito a creare».
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