Puglia

Finito per strada dopo una vita di abusi, il riscatto di Marco

Una vita tormentata dalla fame, dagli abusi fisici e psicologici, da brutture indicibili che si sono accavallate tanto da divenire ordinaria e indifferente quotidianità per Marco Barba. Il 53enne barese ricorda nitidamente fin dalla nascita le botte che scandiscono le sue giornate in casa, il bullismo a scuola per la sua estrema povertà e infine, da adulto, il sapore amaro dell’asfalto su cui dorme quando diventa un clochard.

La sua storia è un vortice di dolori, che sembra non avere fine, eppure da qualche tempo c’è chi ha deciso di accendere una speranza nella sua esistenza, di dargli per la prima volta la dignità di persona e accompagnarlo in un percorso di reinserimento sociale. Vito Signorile, presidente del Movimento Coscienza Sociale e città Libera di Modugno, accende la luce nel tunnel buio pesto in cui brancola Marco, lo raccoglie mentre chiede l’elemosina e accoglie nella sua associazione di volontariato, cercando di trasformarlo in un cittadino attivo pronto a dare una mano alla comunità, un esempio di rinascita per tutti gli ‘invisibili’ ai margini della società. Marco, accompagnato da Vito, si racconta con estrema generosità nel nostro programma “Social Night”, travolgendo i conduttori e lo studio intero di emozioni fortissime in grado di sfondare lo schermo, impossibili da descrivere in poche righe. Il 53enne non si risparmia, lasciando scivolare la narrazione e ripercorrendo tutte le fasi, fino all’incontro con Vito, il momento della ripartenza.

“Sono nato a Bari – comincia così Marco – Il pane cotto in una tazzina con lo ‘spurgo’ del caffè, e un po’ di zucchero: quella era la mia colazione da bambino, a casa non ci potevamo permettere altro. Mia madre e mio padre hanno visto la guerra, sono cresciuto con le mie sorelle nella profonda povertà. Poi ci siamo trasferiti a Modugno, mio padre realizzava battiscopa in legno, tra le pareti domestiche ho vissuto sempre nel terrore. I miei genitori mi picchiavano, mia madre mi colpiva con gli anelli e mio padre con le assi che costruiva. Ho provato fin da piccolo sulla mia pelle giornalmente le violenze fisiche e psicologiche, travestite da rigida educazione. Poi ho cominciato ad andare a scuola e all’inizio mi piaceva stare in classe, con gli altri bambini – spiega – era un modo per stare lontano dall’incubo che vivevo in casa. Di lì a poco, però, è cominciato l’inferno anche tra i banchi: venivo emarginato perché ero povero, non avevo la stessa merenda degli altri, ma solo un tozzo di pane duro con rape stufate, non avevo libri, penne, né colori; ricordo ancora quando gli altri alunni mi sputavano in faccia, mi riempivano di calci e pugni, e io ero fermo lì sul banco, in lacrime. Mi sentivo inferiore e in trappola ovunque andassi. Perciò già a 6 anni ho cominciato a vivere nelle campagne, in casolari abbandonati nella natura, da solo, cercando un rifugio lontano da casa e qualcuno che mi aiutasse e sapesse indicarmi una via d’uscita da tutta quella violenza. L’indifferenza da parte della gente ha alimentato i miei mostri, non nascondo che spesso ho avuto istinti suicidi, già da adolescente, aggravati da una violenza sessuale che ho subito proprio nelle campagne che io tanto amavo, da parte di un contadino che fingeva di volermi aiutare”. La storia non finisce qui e peggiora: Marco, ormai cresciuto, diventa un senzatetto, in cerca di rifugio per la strada, sempre all’addiaccio, travolto dalla polvere e dalla totale noncuranza di abitanti e istituzioni. Oggi, però, grazie al movimento di Vito Signorile, Modugno non è più cieca e Marco ha un nome, un cognome, una data di nascita, un riconoscimento effettivo sulla sua prima carta d’identità, così come l’iscrizione alle liste di collocamento cittadine e regionali.

“Marco viene accompagnato da noi per divenire un cittadino attivo, con tutte le formule possibili e immaginabili: siamo riusciti a fargli avere una carta d’identità, un codice fiscale, un medico di famiglia, analisi sanitarie e lo abbiamo iscritto presso il centro per l’impiego ARPAL e della Città metropolitana, fino ad arrivare a sottoporre la sua situazione al sindaco Nicola Bonasia – continua Vito – Marco è ormai un nostro volontario, gli stiamo dando la possibilità di impegnarsi nella comunità e di aiutare i clochard, chi è ancora nella stessa condizione in cui lui ha vissuto. Attualmente vive in un casolare, non una vera casa, e stiamo cercando di trovare un’abitazione idonea per lui da affittare, ovviamente la nostra associazione sarà garante per le spese. Due giorni fa Marco è andato in una pizzeria che si sta aprendo a Modugno per un colloquio – racconta Vito – Lui da solo ha sempre cercato un impiego come giardiniere e si è sempre messo a disposizione, ma ciò che lo tormenta, oltre ai suoi fantasmi, è ancora il pregiudizio delle persone. Chiediamo a tutti di aver fiducia in lui, di aiutarlo a ripartire, come lavoratore, cittadino, persona. Marco è un esempio, perché cambiare vita si può”.




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