Ha chiesto all’AI come salvare la sua carriera… dall’AI
Un fonico e produttore chiede all’AI come salvare la sua carriera da lei stessa: la risposta è…
Lo youtuber e mix engineer di Nashville Colt Capperrune ha deciso di affrontare una delle paure più diffuse tra i professionisti della musica: perdere il proprio lavoro a causa dell’intelligenza artificiale.
Nel suo ultimo video ha posto una domanda tanto semplice quanto provocatoria: come salvare la mia carriera dal rischio di essere sostituito da un algoritmo?
Ne è nato un esperimento assai curioso, che in poco meno di 17 minuti ci porta dentro una riflessione complessa sul futuro del mestiere di fonico e produttore (lo stesso vale per i musicisti, ovviamente…).
Il dialogo con l’AI
Per arrivare a queste conclusioni Capperrune non si è limitato a fare considerazioni generiche.
Si è presentato all’AI come un mix engineer di Nashville con esperienze e dischi in classifica Billboard e ha descritto la sua preoccupazione: “tra pochi anni artisti e produttori non avranno più bisogno di noi, l’AI farà il lavoro al posto nostro”. Da lì ha chiesto un consiglio concreto su come salvare la sua carriera da questa minaccia.
Chiaramente, si tratta di un esperimento da riproporre in rete per stimolare la riflessione e la discussione, immaginiamo che il buon Colt non stesse cercando davvero una strategia per il futuro in un botta e risposta con chatgpt.
L’AI ha risposto con una serie di indicazioni, a volte vaghe e superficiali, altre volte piuttosto precise e in tema. Capperrune ha selezionato e commentato i punti più rilevanti, confrontandoli con la propria esperienza e con i timori condivisi da molti colleghi (che è probabilmente il lato più interessante di tutta la faccenda).
I compiti che l’AI saprà svolgere
Dalle risposte dell’AI emerge un quadro chiaro: gli algoritmi diventeranno presto abili nel gestire compiti tecnici di base e intermedi, come l’editing iniziale delle tracce, il bilanciamento dei volumi, l’equalizzazione o la pulizia dei rumori. Saranno strumenti utili per demo, produzioni indipendenti e per chi non considera prioritario il tocco di un professionista.
Secondo questa visione, il rischio concreto non è tanto per le star consolidate, quanto per i tecnici di fascia media, che potrebbero vedere contrarsi drasticamente la domanda di lavoro.
L’elemento che l’AI non è in grado di sostituire, sottolinea lo stesso Capperrune, riguarda il gusto personale, le imperfezioni intenzionali e soprattutto la relazione umana.
Un mix non è soltanto un esercizio di ingegneria acustica: è interpretazione, dialogo con l’artista, comprensione dell’emozione che un brano vuole trasmettere. Tutti aspetti che un algoritmo fatica a tradurre in scelte creative.
Ridefinire il ruolo del fonico
Il consiglio che emerge è netto: non proporsi più come semplici esecutori di compiti tecnici, ma come figure di riferimento creativo. In altre parole, trasformarsi da meri fornitori di servizi a direttori sonori, capaci di guidare un brano verso un’identità riconoscibile.
Si tratta, del resto, di recuperare qualcosa che già esisteva e per certi versi esiste ancora (più che altro nel mainstream): c’è stato un periodo (anni ’50 e ’60) in cui il responsabile del suono non era altro che un anonimo tecnico in camice bianco; poi pian piano (dai ’70 ai ’90) sono emerse figure che venivano ricercate perché rappresentavano un suono, un’attitudine, un plus artistico.
In questa prospettiva diventa centrale la reputazione personale, il racconto del proprio percorso professionale e la capacità di comunicare risultati, non solo mansioni.
I nemici di miei nemici sono miei amici
L’AI può diventare anche un alleato di lavoro. Automatizzare la parte più ripetitiva dà modo di liberare tempo da dedicare alle scelte artistiche. Il lavoro del fonico e produttore non è sempre un divertimento, ci sono fasi di lavoro lunghe e noiose. D’altro canto sono anche fasi in cui spesso vengono coinvolti giovani apprendisti, una gavetta che serve moltissimo alla formazione (come si dice, prima di correre devi saper camminare).
Alcuni suggerimenti dell’AI toccano persino la possibilità di sviluppare preset o workflow personalizzati, in cui l’algoritmo si nutre del gusto del fonico stesso. Una strada che Capperrune ammette di guardare con forte sospetto, ma che giudica inevitabile in un futuro non troppo lontano.
Oltre il mixaggio
Un’altra lezione del video è la necessità di ampliare il proprio raggio d’azione. Produzione, registrazione, coaching, consulenze sonore, creazione di contenuti: tutte attività meno vulnerabili alla standardizzazione algoritmica.
In questo scenario, la diversificazione delle entrate diventa fondamentale per resistere ai periodi di flessione e mantenere stabilità economica. E parliamoci chiaro, non è il solo mestiere che oggi richiede questo…
Il ritorno del contatto umano
Il video si chiude con una nota di ottimismo. Più la tecnologia diventa pervasiva, più cresce il bisogno di esperienze reali e analogiche. Così come il vinile ha riconquistato quote di mercato impensabili fino a pochi anni fa, anche la figura del fonico che lavora fianco a fianco con musicisti e produttori potrà conservare un valore insostituibile.
Per Capperrune, il vero antidoto contro l’AI non è la resistenza, ma la capacità di restare umani, costruire relazioni autentiche e mantenere viva l’emozione al centro della musica.
Musica, aggiungiamo noi, che oggi forse corre più il pericolo di aver perso il suo valore intrinseco nella mente delle persone, che quello di essere fagocitata dalle AI.
Ok, ma quanto possiamo fidarci delle previsioni dell’AI?
Resta però un interrogativo cruciale: quanto è affidabile chiedere all’AI di predire il nostro futuro lavorativo, soprattutto quando si tratta di se stessa?
Le risposte fornite a Capperrune, per quanto ragionate, sono ipotesi basate su dati e scenari plausibili, ma occhio a farle diventare profezie.
L’AI non ha la capacità di conoscere davvero ciò che accadrà, perché il futuro resta soggetto a una moltitudine di variabili imprevedibili: evoluzioni tecnologiche, scelte politiche, cambiamenti culturali e persino mode artistiche.
Il valore di questo esperimento non sta quindi nell’avere una verità definitiva, ma nel costringere i professionisti a riflettere sulle proprie strategie, a interrogarsi sul ruolo che vogliono avere e a prepararsi a più di uno scenario possibile.
In altre parole, l’AI può offrire stimoli e prospettive, ma la responsabilità di scrivere la traiettoria di una carriera resta ancora saldamente in mani umane.
Una cosa è certa: come quando si guida, è meglio avere una visione lunga, guardare dove dobbiamo andare e non dove stiamo andando, per non ritrovarsi poi inesorabilmente fuori traiettoria. In quel momento, sarà tardi per dare la colpa alle AI.