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George Riley – More Is More: Il troppo che non stroppia :: Le Recensioni di OndaRock

Sempre più a fuoco, sempre più vicina al traguardo: dagli anfratti dell’underground londinese, George Riley continua a espandere la propria discografia con un ammirabile equilibrio tra rapidità e cautela. Per alcuni è il segreto meglio custodito in città, per altri è frustrante sapere che, nell’era del sovrano algoritmo, la possibilità di arrivare in Top Ten è grosso modo inesistente – negli anni Novanta, una proposta del genere avrebbe invaso le radio nazionali, oggi servirebbe un miracolo.
Ma George non ha fretta; presentato come mixtape, il suo secondo dopo che “interest rates, a tape” l’aveva portata sulle scene nel 2021, “More Is More” probabilmente delude le aspettative di chi voleva finalmente un album di debutto, ma è comunque l’offerta più lunga e meglio strutturata in carriera.
La formula è familiare: brani rapidi e snelli ma costruiti con buon gusto, a cavallo tra il club e le regole dell’r&b, una voce zeppa di fascino ben oltre la media delle vocalist da discoteca e un orecchio attento alla produzione, qui sfavillante come non mai. In poco più di mezz’ora, “More Is More” è tra gli ascolti dance più accattivanti della stagione in corso.

Già i tre singoli in anteprima avevano fatto drizzare le orecchie; con Mura Masa a dar man forte, “Fantasy” si strugge dentro una felpata sensualità tutta da scoprire, un bel contrasto con l’esplosiva “More”, che sorprende l’ascoltatore tra muraglie sintetiche, trascinanti squarci drum’n’bass ed estatici ghirigori alla Talvin Singh. Ma è stato “Slow” a rubare la palma sopra un crepitante andamento piano-house e un’interpretazione vocale che non fa prigionieri – dritto tra i pezzi dell’anno.
Il resto del lavoro non è da meno. Ecco “Rain”, una lounge-house flautata come la Janet Jackson dei tardi Duemila, e “Amore”, viziosa folktronica dal passo balearico. Le tastierine outsider di “Private Life” fanno da cornice a un club-rap ispirato ad Azealia Banks e Princess Nokia, ma è “Shotgun Wedding” a pagare omaggio alla Kelis sintetica di “Flesh Tone”, anche grazie a un timbro vocale carico e affumicato a momenti molto simile. Ci pensano “Something New” e “How To Love” a moderare il ritmo, o anche lo stellato cielo breakbeat di “Crush”, tre brani che rimandando con convinzione alle eleganti partiture ambient-pop che avevamo incontrato sul mini-album “Running In Waves”.

Formalmente George non inventa niente di nuovo, ma la sua capacità di ricucinare le tendenze del passato prossimo con tocco contemporaneo la rende una delle “curatrici” più riconoscibili attualmente sulla piazza. Da qualche parte tra Shygirl, PinkPantheress e Rose Gray, la sua proposta frigge e accatasta blip digitali con cura maniacale, ma senza dimenticare lo spleen melodico dell’r&b più sbarazzino.
Certo, il precedente Ep “Un/limited Love” era uscito per Ninja Tune, mentre “More Is More” arriva tramite Confessions, altra etichetta di settore dal raggio limitato, perché evidentemente George sta ancora cercando la propria strada, un passo alla volta, senza compromettersi troppo. L’ascolto infatti si chiude con “Unconditional”, una ballata elettro-acustica perspicace come Kelela, forse il nome più associabile in casi come questi: le due condividono la capacità di mescolare l’energia del dancefloor con l’intimità del cantautorato elettronico.
Non ci resta che aspettare la prossima mossa, ma nel frattempo, “More Is More” è un solluchero niente male.

17/09/2025




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