Formazione chitarristica e crescita personale: mai smettere di imparare
Parliamo di un punto cardine della vita di un musicista; un punto che non influenzerà soltanto la vita musicale ma, potenzialmente, la nostra intera vita: la formazione.
Sì perché attraverso la formazione, studiando, imparando a conoscere i nostri punti di forza, i nostri limiti, impareremo anche a conoscere un po’ di più noi stessi e, di conseguenza, ciò che influenzerà il nostro futuro.
Non importa quale percorso si decida di intraprendere, se pubblico o privato; l’importante è trovare il giusto modo, per noi, di far uscire fuori il meglio della nostra espressività.
Personalmente consiglio sempre di prendere qualsiasi percorso, a prescindere dal fatto di voler diventare dei professionisti o meno, con il massimo impegno. Questo perché, sulla base della mia esperienza personale, può tornare sempre utile e/o aprire porte inaspettate.
Quando iniziai a studiare, privatamente, lo feci per “provare” una nuova esperienza. Il mio impegno mi portò dapprima a sostituire il mio maestro in alcuni eventi e, successivamente, ad essere adocchiato da alcune band in cerca di chitarrista. Questo stuzzicò ancor più la mia curiosità verso questo “nuovo” mondo, tanto da farmi pensare: “Sai che, forse, mi piacerebbe diventare un musicista professionista?”.
La semplice scelta di affrontare un percorso con il giusto mindset ha generato una reazione a catena di eventi che mi hanno portato ad elevare all’inverosimile la mia curiosità verso la professione musica.
Entrai in una di quelle band che ricercava un chitarrista e, questo, fu un gamechanger per me perché mi portò non solo ad “assaggiare” il primo palco, i primi locali, ma anche a considerare tanti aspetti come: la comprensione della strumentazione necessaria per un chitarrista in base al genere musicale, l’analisi e la scoperta di un nuovi generi musicale, arrangiare un brano assieme ad altre persone ma, soprattutto, lavorare in team, stare in mezzo alla gente.
Da qui seguì un periodo chiave per la mia formazione, per la mia passione e per la mia consapevolezza musicale, fatto di curiosità, di giornate passate su libri e articoli ma, soprattutto, fatto di nuova musica, ascoltando e “trattenendo” quelle tecniche che più si addicevano al mio modo di suonare.
Mi ritrovai in generi come il rockabilly, il country, il rock’n’roll ed il blues dove, accostata allo studio più accademico, vi è un’imprescindibile parte fatta di ascolti, di storie e di “eredità” musicale e storica lasciata dai maestri del genere.
Ho sempre vissuto questa parte della mia formazione come il giocare a calcio per strada; come quella parte che accresce non solo il bagaglio tecnico, ma anche la propria storia, la propria anima; quella parte che ti accende ancor di più il desiderio, dove ci si sporca, dove a volte ci si blocca lasciando spazio alla frustrazione.
La stessa frustrazione che mi ha fatto capire cosa non voglio essere e che mi ha portato a ricercare nuove soluzioni, nuove strade e ancora nuovi insegnanti, coloro i quali mi hanno portato alla consapevolezza dei tempi odierni, che sarà sempre meno di quella futura.
Sì, perché la regola che sta alla base di tutte, che sia per un musicista o per qualsiasi altra persona, è quella di sentirsi sempre in viaggio verso la migliore e più vera versione di noi stessi, da donare a ciò che facciamo ed a chi ci sta intorno; di far tesoro di ciò che abbiamo acquisito negli anni (o mesi che siano) e di avere la curiosità di scoprire nuove possibilità lì dove abbiamo bisogno di crescere.
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