Società

Divieto di cellulari a scuola: tra studenti in piazza e sondaggi favorevoli, la stretta di Valditara divide l’Italia scolastica e apre un confronto oltre le aule

Il nuovo divieto dei cellulari a scuola, introdotto dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, è entrato in vigore a partire da settembre con la circolare n. 3392 del 16 giugno. La norma estende alle scuole superiori l’obbligo già vigente nei cicli precedenti: smartphone spenti e non visibili per l’intera giornata scolastica, non più soltanto durante le ore di lezione.

 ìIl provvedimento, ha sottolineato Valditara a margine dell’inaugurazione dell’Istituto Tecnico Carlo Acutis di Milano, punta a favorire la concentrazione e l’apprendimento, riducendo l’impatto negativo della tecnologia. Il ministro ha ricordato come anche Stati Uniti e Corea del Sud, Paesi all’avanguardia dal punto di vista digitale, abbiano scelto politiche simili, riconoscendo la necessità di uno “stop almeno per qualche ora” all’uso dei dispositivi.

Le regole e le eccezioni

Il Ministero ha incaricato gli istituti di aggiornare i propri regolamenti e il patto di corresponsabilità educativa, definendo sanzioni disciplinari progressive: dal richiamo fino al sequestro temporaneo del cellulare e, nei casi di recidiva, alla restituzione solo ai genitori. La gestione pratica resta affidata all’autonomia di ciascuna scuola, con soluzioni che vanno da armadietti con chiave ad appositi contenitori numerati in aula. Restano previste deroghe per gli studenti con disabilità, disturbi specifici dell’apprendimento o necessità certificate tramite PEI e PDP. Sono concesse eccezioni in determinati indirizzi tecnici, come informatica e telecomunicazioni, in cui il cellulare è “strettamente funzionale” alla didattica. Non rientrano nel divieto altri strumenti digitali, tra cui tablet, computer e lavagne interattive, utilizzabili secondo progetti formativi condivisi.

Le proteste studentesche

Alle nuove norme non sono mancate reazioni critiche. A Roma, davanti al Ministero dell’Istruzione e del Merito, un gruppo di studenti dei licei ha manifestato contro la misura, definendola “una decisione ipocrita” che “ignora i problemi veri e radicati del sistema educativo”. Nel sit-in organizzato in mattinata, i ragazzi hanno esposto cartelli con slogan come “Non è negando lo smartphone che si insegna, è rinnovando le risorse”, denunciando la mancanza di investimenti su edilizia scolastica, personale docente e alternanza scuola-lavoro. I giovani hanno accusato il governo di privilegiare misure “punitive” a scapito di interventi strutturali, riassumendo la loro richiesta con una frase ricorrente: “Vogliamo soldi alla scuola e non alla guerra”.

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