L’AQUILA: SERD NEL DEGRADO DI COLLEMAGGIO TRA DIPENDENZE IN CRESCITA, SPAZI ANGUSTI E ZERO PRIVACY | Notizie di cronaca
L’AQUILA – A oltre sedici anni dal sisma del 2009, in una città, L’Aquila, dove le dipendenze sono in crescita esponenziale, il Servizio per le Dipendenze dell’Aquila (Serd) resta confinato in una sede inadeguata, tra il degrado urbano e l’abbandono istituzionale.
Nell’area dell’ex ospedale psichiatrico di Collemaggio, una delle aree simbolo della ricostruzione mancata, sopravvive dunque il Serd, presidio sanitario fondamentale per la salute pubblica e per la tenuta sociale della città.
Eppure, chi vi accede ogni giorno – tra operatori, pazienti, familiari – si trova di fronte a una realtà che stride profondamente con la retorica della “rinascita”.
Scrivono ad Abruzzoweb familiari di utenti: “spazi angusti, nessuna garanzia di privacy, una struttura piccola e logorata dal tempo e dall’indifferenza, tutto questo rappresenta oggi il vero volto di un servizio che dovrebbe essere un punto di riferimento per la presa in carico e la cura delle persone con problemi anche gravi di dipendenza, dalla droga, all’alcol, alla ludopatia, eccetera”. Il loro appello è innanzitutto al neo direttore generale della Asl provinciale dell’Aquila, Paolo Costanzi, affinché si faccia carico del problema.
“Il paradosso è tanto più evidente se si considera che all’Aquila, dal 2009 a oggi, sono stati spesi miliardi e miliardi di euro per la ricostruzione, un fiume di risorse pubbliche che ha ridisegnato interi quartieri, edifici storici, centri direzionali, ma che ha lasciato indietro – in modo inspiegabile – proprio alcuni dei servizi più essenziali per il tessuto sociale della città. Collemaggio, invece di essere uno dei simboli del rilancio, è ancora oggi un’area ferita, piena di promesse disattese, cantieri solo recentemente avviati e discariche che nessuno si degna di eliminare, tra l’altro a poca distanza da quella Basilica di Collemaggio e dallo splendido verde in cui si trova che tanto piacciono a chi vuole far innamorare i turisti”, aggiungono.
La sede attuale del Serd, insomma, oltre ad essere logisticamente sfavorevole, è immersa in un’area che avrebbe dovuto brillare come fiore all’occhiello della ricostruzione post-terremoto.
In questa situazione, i familiari segnalano “l’impossibilità di garantire una reale riservatezza nei colloqui, chi sottolinea la mancanza di spazi adeguati alle attività terapeutiche, chi semplicemente si interroga su come sia possibile, nel 2025, lavorare – o curarsi – in un contesto tanto inadeguato”.
Le voci raccolte tracciano dunque un quadro fatto di frustrazione, rassegnazione e senso di abbandono.
Un senso di abbandono mitigato soltanto dall’impegno costante e generoso del personale medico e sanitario, che ogni giorno prova a garantire dignità e continuità delle cure, nonostante un contesto non degno di un servizio simile. Nella stessa zona, del resto, si trovano altre strutture sanitarie fondamentali, che condividono lo stesso destino di marginalità”, scrivono ancora.
“Eclatante è il caso del servizio di Riabilitazione Territoriale Ex Articolo 26, che per anni è stato ospitato in una vera e propria baracca di legno. Una sistemazione precaria e indegna, più simile a un rifugio d’emergenza che a un centro di cura e che ha suscitato polemiche e proteste paradossalmente per il recente trasferimento al G8 e non perché per anni il servizio è stato confinato per anni, appunto, in una baracca di legno”, concludono. (red.)
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