Sardegna

Ex Mobilificio Cao, Marzia Cilloccu racconta: “Un pezzo di storia cagliaritana” – Cagliaripad.it

Crediti foto: Marzia Cilloccu

“Quel posto per me è più casa di casa”. Basta questa frase per far capire cosa significhi per Marzia Cilloccu l’ex Mobilificio Cao, colpito di recente da un incendio che ha devastato parte dell’edificio, oggi abbandonato, tra via San Rocco e via Bacaredda a Cagliari. Nota per il lungo impegno politico e Alter Nos della festa di Sant’Efisio 2025, Cilloccu ha mosso i primi passi nel mondo del lavoro proprio all’interno dell’attività di famiglia.

“Non solo sono i luoghi della mia infanzia, ma per 10 anni sono stata impegnata come lavoratrice” racconta Cilloccu, che è stata direttrice tecnica dell’azienda fino al 1998. “Inoltre, avendo studiato architettura d’interni e design, per me è stato un tirocinio costante. Abbiamo abitato lì, ho mangiato pane e mobili da quando sono nata”.

La “startup” di Guglielmo

Suo bisnonno, Guglielmo Cao, iniziò l’attività a Cagliari nel lontano 1878. Inizialmente allestì un modesto laboratorio di cornici, ma ben presto la maestria nel lavorare il legno e l’ambizione di crescere lo portarono alla produzione di mobili di pregio. Arrivò così il trasferimento nell’attuale viale Bonaria, dove l’azienda potè dotarsi di spazi ampi, macchinari a vapore avanzatissimi per l’epoca, oltre a una manodopera di un centinaio di operai specializzati. Fu uno dei primi esempi di grandi “startup” moderna in Sardegna. “Mio bisnonno fu così attaccato all’Isola che nei documenti correggeva con la bianchina il proprio cognome in Cau, perché “su cau” è il gabbiano, simbolo dell’azienda”.

L’ascesa di Marino e la scuola artigiana

Alla morte di Guglielmo nel 1942, in pieno conflitto bellico e appena un anno prima dei tragici bombardamenti su Cagliari, toccò al figlio Marino Cao prendere le redini dell’azienda di famiglia. Nato nel 1904, Marino si formò come ragioniere, ma già da giovanissimo girò la Francia per studiare le produzioni estere, portando nell’azienda nuovi modi di pensare l’impresa. “Mio nonno negli anni ’50 costruì a sue spese, indebitandosi in un periodo non facile, quello che si vede tutt’ora, proseguendo così l’attività del mobilificio”.

Una visione che si tradusse in uno stabilimento d’eccellenza in via San Rocco, con 80 operai artigiani, uno spazio espositivo di 1000 metri quadri e addirittura una scuola per i giovani apprendisti. “Proprio in quei locali andati in fumo nei giorni scorsi, lui aveva allestito gli spazi per l’apprendistato. Aveva pensato quel luogo non solo per uffici amministrativi, ma anche per accogliere i giovani che si avvicinavano al mestiere. Tanti, ancora oggi, mi raccontano che grazie a quella scuola trovarono lavoro e si sistemarono anche in altre aziende del settore”.

Da lì l’impegno più esteso di Marino Cao anche in altri ambiti: da Confindustria ai trasporti, con le società Sardamare e Airone per gli spostamenti marittimi e aerei, fino all’Ente sardo per la valorizzazione dell’artigianato della moda. Dal dopo guerra in poi, Cao fu un riferimento assoluto nel mondo dell’impresa in Sardegna.

Crediti foto: Marzia Cilloccu

Un’eredità storica

“Ci sono ancora tantissime testimonianze pubbliche e private del lavoro del Mobilificio Cao” sottolinea Cilloccu. “Tantissime case, sia in Sardegna che in tutta Italia, sono arredate con mobili prodotti in quegli stabilimenti. C’erano turisti che venivano in villeggiatura qui e restavano affascinati dallo stile sardo di quei mobili, commissionandoli per case e uffici fuori dall’Isola. Ma penso anche all’aula consiliare del Comune di Quartu, ad alcuni arredi del Magistero a Cagliari, ma anche in qualche ufficio del Municipio di Cagliari, come l’aula Giunta”.

Dopo la morte di Marino Cao nel 1996, gli eredi dovettero fare un’amara riflessione. “Ci confrontammo tra noi e anche con i contabili. Era un periodo in cui si intuiva l’imminente boom dei mobili industriali, sapevamo cosa stava accadendo in Svezia e che ciò avrebbe aperto una nuova fase per il mercato. L’azienda stava bene economicamente, ma c’erano da calcolare anche i diversi interessi dei vari eredi della famiglia”.

La decisione di chiudere non lasciò indietro nessuno. “Abbiamo chiuso con tristezza, ma anche con grande soddisfazione perché il bilancio fu assolutamente attivo. Prima di terminare l’attività abbiamo sistemato tutte le nostre maestranze o aspettato chi doveva andare in pensione. Tutti avevano un livello altissimo di competenza ed erano ambitissimi nel mercato del lavoro, siamo riusciti a ricollocarli facilmente. Sono molto fiera di questo”.

Maestri del legno che ogni giorno lavoravano con macchinari di alta precisione, frutto di ingenti investimenti negli anni per tenere sempre alto il livello qualitativo dei mobili prodotti. Alcuni di questi macchinari oggi si trovano in Sudan, dove sostengono la manodopera locale nello sviluppo tecnico. “Decidemmo di donarli per un progetto benefico in Africa, tramite un’associazione che si occupava di aiutare Stati in difficoltà. Mia mamma e mia zia, che erano le amministratrici della società, acconsentirono al trasferimento”.

L’incendio e il progetto di riqualificazione

Arriviamo così ai giorni nostri e alla cronaca recente. Pochi giorni fa un incendio è divampato nello stabilimento di via San Rocco, mandando in fumo parte dei locali, anche se il pronto intervento dei Vigili del fuoco ha consentito di limitare i danni. “Per fortuna è successo intorno alle 20” sospira Marzia Cilloccu. “I vicini hanno subito visto le fiamme e allertato i pompieri. In mezz’ora il posto era presidiato e in sicurezza, nessuno intorno ha avuto danni. Fosse accaduto in piena notte non so come sarebbe finita. Forse c’è stata l’intercessione di mio nonno, chissà”.

E per il futuro dell’area c’è già qualche idea. Nel 2024 una mozione presentata in Consiglio comunale da Antonello Angioni, e approvata all’unanimità, traccia le linee. Ovvero, l’idea è quella di riqualificare l’area (da molti anni non più proprietà degli eredi Cao), da cui far nascere uno spazio urbano da intitolare a Marino Cao. “Per ovvi motivi non presi parte alla votazione dell’anno scorso – ricorda Cilloccu – ma chiaramente sarei felice se il progetto andasse in porto”. E c’è un altro auspicio: “Sarebbe bello che si tenesse la memoria storica dell’arco d’ingresso, con l’insegna in legno che riporta la scritta “Industria Mobili Marino Cao”. Una caratteristica mai modificata negli anni, proprio per la sensibilità della mia famiglia alla conservazione architettonica”.

Crediti foto: Marzia Cilloccu

Un arco che il tempo non ha risparmiato. Eppure quell’insegna in legno è ancora lì aggrappata, come se quei cavi che ancora la reggono fossero delle braccia tese ad afferrare l’orlo di un precipizio. Un vuoto dove i ricordi dell’eccellenza cagliaritana non vogliono cadere.

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