Asia: la nuova frontiera dell’ammoniaca per ridurre il peso del carbone
Con il carbone che nel 2024 ha rappresentato il 54% del mix elettrico asiatico, la regione si trova di fronte a una sfida enorme per centrare gli obiettivi di neutralità climatica. Per ridurre le emissioni, diversi Paesi stanno guardando con crescente interesse all’ammoniaca come fonte di generazione, soprattutto tramite il “co-firing”, cioè la combustione congiunta di carbone o gas naturale e ammoniaca a basse emissioni. Secondo Rystad Energy, Cina, Indonesia, Giappone e Corea del Sud saranno i principali poli di questa transizione. Ma resta un gap rilevante: per centrare i target 2030 serviranno circa 8,8 milioni di tonnellate annue di ammoniaca, oggi non disponibili.
L’Asia paga decenni di dipendenza dal carbone: mancano cornici regolatorie e domanda di mercato in grado di giustificare nuovi investimenti infrastrutturali. Paesi come Giappone e Corea del Sud soffrono anche di vincoli strutturali, come scarsa disponibilità di gas naturale o capacità limitata di produrre rinnovabili, che frenano lo sviluppo domestico di ammoniaca pulita. Per avvicinarsi agli obiettivi net-zero, dovranno quindi ricorrere all’importazione dall’estero, così da sostituire progressivamente il carbone come fonte “baseload”, senza compromettere sicurezza e convenienza energetica.

Il problema resta il costo: la co-combustione con ammoniaca oggi è ancora molto cara, soprattutto per via dei costi legati alla produzione di idrogeno low carbon, alla sua conversione in ammoniaca e al trasporto. Se si assume un prezzo dell’idrogeno a 5 dollari/kg (pari a 1.000 dollari a tonnellata di ammoniaca), il costo livellato dell’elettricità di un mix con il 10% di ammoniaca risulterebbe superiore del 50% rispetto alla sola generazione a carbone. Per rendere competitiva questa tecnologia, serviranno innovazione, economie di scala o meccanismi di carbon pricing efficaci.
Malgrado le difficoltà, la domanda è destinata a crescere: Rystad stima che, al 2030, il fabbisogno di ammoniaca per la generazione elettrica sarà nove volte superiore ai livelli attuali. Ma senza accordi di lungo termine per l’acquisto e senza un’accelerazione delle infrastrutture di importazione e delle centrali abilitate al co-firing, la crescita potrebbe rallentare. Giappone, Corea, Cina e Indonesia hanno già avviato partnership internazionali per garantirsi forniture, ma serve maggiore rapidità nell’apertura di terminali e nell’adeguamento degli impianti.

La Cina, in particolare, ha scelto un approccio deciso: il suo Piano d’azione 2024-2027 prevede obiettivi nazionali diretti, senza attendere prove pilota su larga scala. Dal 2027, le centrali a carbone nuove o riconvertite dovranno dimezzare le emissioni rispetto ai livelli 2023, puntando su un mix di co-combustione con biomassa e ammoniaca verde, affiancato da tecnologie di cattura e utilizzo della CO2. La fattibilità resta da dimostrare, soprattutto perché l’enorme flotta di centrali a carbone richiederà retrofit complessi, ma se il modello funzionasse diventerebbe decisivo per il duplice obiettivo di picco emissivo al 2030 e neutralità climatica al 2060.
La Cina ha anche un vantaggio competitivo: abbondanti risorse rinnovabili in Mongolia Interna, dove già quest’anno Envision Energy ha avviato il più grande impianto di ammoniaca verde al mondo (0,32 Mtpa iniziali, espansione a 1,5 Mtpa entro il 2028). Se i progetti accelereranno, Pechino potrebbe trasformarsi in fornitore chiave di ammoniaca per l’Asia, con prospettive anche di export.
La Corea del Sud guarda invece al 2029, quando i vincitori della seconda asta nazionale per la generazione elettrica da idrogeno dovranno produrre 3 TWh all’anno, pari a circa 200mila tonnellate di idrogeno low carbon. La prima asta, nel 2024, aveva visto una partecipazione limitata, con un solo impianto (Kospo a Samcheok) ammesso ai criteri del ministero. Per aumentare l’appeal, l’edizione 2025 introduce nuove misure: prezzi legati al cambio per ridurre i rischi di cambio e la possibilità di “prendere in prestito” volumi di idrogeno dagli anni successivi, così da garantire maggiore flessibilità agli operatori.
Il Giappone, pioniere del co-firing con ammoniaca, ha già chiuso contratti strategici e attratto investimenti stranieri. Prevede di importare ammoniaca blu dagli Stati Uniti e verde da Cina e India, per compensare le carenze interne e consolidare un approvvigionamento stabile. Nel 2026 annuncerà inoltre i vincitori del programma “contract for difference”, pensato per sostenere economicamente i progetti e accompagnare il Paese verso i target climatici.
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