Un’alleanza matura fra pubblico e privato, per un cambio di passo
Riceviamo e pubblichiamo un intervento del sindaco di Fasano, Francesco Zaccaria
Nelle ultime settimane, complici i primi dati legati alle presenze turistiche nella nostra regione, si è aperto un dibattito sullo stato di salute del Turismo in Puglia, sul “caro ombrellone”, sugli effetti che l’offerta extra alberghiera ha nei centri storici e sulla prospettiva dei prossimi dieci anni.
Il turismo in Puglia è un fenomeno tutto sommato giovane. Ha preso forma concreta solo a partire dal 2005-2006, trasformando lentamente una terra agricola e industriale in una destinazione amata, ricercata, riconoscibile. Ma la giovinezza, nel turismo come nella vita, non è solo freschezza: è anche instabilità, inesperienza, mancanza di struttura. Oggi, mentre altre regioni italiane vantano sistemi turistici maturi, articolati, sostenuti da una governance consolidata, la Puglia si trova in un momento di passaggio. Un bivio decisivo.
Il rischio è evidente: la tendenza alla replicazione, la perdita di autenticità, la standardizzazione dell’offerta, la mancanza di professionalità. Se ogni angolo di Puglia propone la stessa esperienza, lo stesso format, lo stesso storytelling, allora i territori smettono di parlare la propria lingua e si svuotano di senso. La Puglia non può permettersi questa deriva.
Per questo, negli ultimi sei mesi, insieme all’assessore Gianfranco Lopane, che ringrazio, e alla struttura del Servizio Turismo della Regione, all’Anci, abbiamo avviato un percorso concreto, fatto di ascolto, studio e confronto diretto con i modelli più evoluti nella gestione delle Dmo (Destination Management Organization). Abbiamo osservato le migliori pratiche in Italia, analizzato le dinamiche che rendono efficace una governance turistica, e compreso che la Puglia può cambiare passo, senza esitazioni.
Per fare, “rete” come si suol dire, serve un modello nuovo, concreto. Un’alleanza matura tra pubblico e privato all’interno di ambiti territoriali omogenei, non troppo estesi. Un patto che metta nelle mani di chi produce valore — operatori, imprese, consorzi, esperti — la responsabilità di progettare e promuovere l’esperienza turistica, lasciando alla sfera pubblica il compito cruciale del controllo, della verifica, della coerenza strategica.
Immaginiamo soggetti giuridici in cui i privati detengano la maggioranza delle quote — il 51% — e nominino i manager, co-finanziando le attività con quote equivalenti all’imposta di soggiorno che i Comuni, in accordo, decidono di destinare a queste strutture. Il pubblico mantiene il 49% e il potere di valutare, misurare, orientare.
Non è un’utopia. È un modello già attivo in Trentino, e funziona. Garantisce efficienza, visione condivisa, maggiore responsabilizzazione degli attori economici, capacità di rispondere al mercato e, soprattutto, di valorizzare l’unicità di ciascun territorio e al tempo stesso di mettere insieme i comuni. In una sinergia virtuosa.
Questo schema, ancora perfettibile, è però il primo passo verso un turismo pugliese che non si limiti più a raccontare bellezza, ma la costruisca. Che sappia offrire servizi all’altezza delle aspettative di una clientela sempre più esigente e informata, che sappia contenere i prezzi. Un turismo che non rincorra l’omologazione, ma investa nella differenza e nella qualità. Che non si accontenti di crescere nei numeri, che tra l’altro non potranno crescere all’infinito, ma voglia crescere nella qualità, nell’identità, nella visione.
È tempo di una Puglia che sogna in grande. Ma con metodo, con strumenti, con coraggio.
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