Salute

Il lungo addio ai gettonisti che bruciano i fondi per assumere quasi 10mila medici e infermieri

A meno di sorprese, come una proroga in extremis questa sarà l’ultima estate dei gettonisti: medici (ma anche infermieri) pagati a peso d’oro – anche fino a 1.200 euro – per coprire un solo turno di otto ore lì dove ci sono più carenze come in pronto soccorso dove il personale “affittato” dalle cooperative in media sfiora il 20% dell’organico, ma supera in alcuni ospedali anche la metà di tutti i sanitari.

Per le Asl si tratta di un lungo, difficile e costoso addio: lungo perché la crociata voluta dal ministro Orazio Schillaci contro i gettonisti è cominciata nel maggio 2023 con il decreto bollette ma poi tra linee guida e decreti successivi solo da fine luglio è arrivato il termine ultimo che blocca di fatto la firma di nuovi contratti che ora scadranno nei prossimi mesi. Difficile perché i pronto soccorso in piena estate rischiano di non avere il personale per garantire i servizi, anche se ora si potranno firmare contratti libero professionali direttamente con i medici (senza il filtro delle cooperative) con costi sugli 85-100 euro lorde l’ora. Ma soprattutto costoso perché il conto presentato dai gettonisti è stato salatissimo: Asl e ospedali, secondo gli ultimi dati di Anac, hanno speso 2,141 miliardi tra il 2019 e il 2024 per coprire i buchi in corsia con i gettonisti, ben 457 milioni solo nel 2024. Risorse quest’ultime che annualmente basterebbero per assumere in pianta stabile 3mila medici – che corrisponde all’incirca alla carenza nei pronto soccorso – e 6mila infermieri (in Italia ne mancano 60mila) in base ai costi dei contratti in vigore nel 2024 (85mila euro per i medici e 35mila per gli infermieri).

Un grande spreco e una scorciatoia quella dei gettonisti che è stata imboccata perché in Italia è sempre più difficile trovare personale sanitario disposto a lavorare negli ospedali pubblici. I motivi? «Molti bandi vanno deserti soprattutto quelli per il pronto soccorso perché lavorare nel Ssn non è più attrattivo e poi c’è il tetto di spesa sulle assunzioni per cui le Regioni hanno più mani libere ricorrendo agli appalti dei servizi come il ricorso ai gettonisti», avverte Stefano Simonetti, esperto di Sanità del Sole 24 Ore. Che suggerisce: «Se l’abolizione completa del tetto non è praticabile, una soluzione potrebbe essere quella di un superamento parziale e mirato, limitato cioè alle assunzioni indispensabili di medici e infermieri nell’emergenza-urgenza e nelle altre ristrette unità operative d’accordo con le Regioni».

La Sanità da oltre 20 anni è infatti alle prese con i tetti di spesa: dai farmaci alle assunzioni. Schillaci nel decreto liste d’attesa di un anno fa ne ha delineato il percorso di superamento per quello che da anni frena i nuovi ingressi di medici e infermieri, ma mancano come spesso accade gli ultimi passaggi attuativi: dal calcolo dei fabbisogni regionali di personale che non dovranno avere più la legittimazione del Mef – come ha sancito la Consulta recentemente – alla definizione degli standard di personale da calcolare con un algoritmo a cui ha già lavorato l’Agenas. Ora la manovra (si veda articolo a fianco) potrebbe dare una prima accelerata intervenendo lì dove c’è più bisogno, visto che la situazione in Italia sul personale sanitario sembra davvero a macchia di leopardo. Secondo gli ultimi dati del Conto annuale della Ragioneria generale dello Stato appena pubblicati il personale dipendente del Ssn nel 2023 è cresciuto leggermente (+2,8%) raggiungendo quota 701.170 tra medici, infermieri, operatori sanitari e amministrativi. Ma con differenze regionali molto vistose: a fronte di una media nazionale di 131,57 dipendenti del Ssn ogni 10mila abitanti ci sono Regioni che vanno dai 140 ai quasi 180 dipendenti in Asl e ospedali ogni 10mila abitanti come Valle d’Aosta, Friuli, Liguria, Emilia Romagna e Toscana e altre – soprattutto quelle che sono state commissariate per anni o sono ancora in piano di rientro – che ne hanno poco più della metà come Lazio, Campania, Sicilia, Molise e Calabria.


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