Il premier si sente il Re Sole. Guerra ora controproducente
“Netanyahu è come il Re Sole, il suo motto potrebbe essere benissimo L’État, c’est moi, ma così non fa l’interesse di Israele”. Sono parole nette quelle di Amihai Ayalon, ex capo dello Shin Bet dal 1996 al 2000, tra i promotori della lettera aperta a Trump, firmata da quasi seicento ex funzionari dell’apparato di sicurezza israeliano, compresi membri del Mossad, perché faccia pressione su Netanyahu affinché ponga fine alla guerra a Gaza.
Ayalon, quali sono i reali obiettivi di Netanyahu?
“Stare al potere e non andare in prigione. È come il Re Sole, “Lo Stato sono io. Non solo lui ha interessi personali, anche altri leader politici. Ben Gvir e Smotrich sono una minoranza nella coalizione, ma sono essenziali per la tenuta dell’esecutivo. Sono interessati ad espandere gli insediamenti, invece la salvaguardia della democrazia non è un tema che a loro importa”.
Che cosa pensa la società civile israeliana?
“È confusa. Dopo il 7 ottobre molti israeliani pensano che i palestinesi siano tutti come Hamas e i palestinesi che gli israeliani siano da identificare tutti con l’attuale governo. C’è tanto odio e disperazione. Nessuno crede più nella soluzione due popoli, due Stati. Ma il ruolo della comunità internazionale è cruciale, dovrebbe intervenire subito. È in atto un rimodellamento della regione. Cina e Russia hanno interessi in Medioriente. Come tutte le superpotenze globali”.
Ci sono stati errori degli apparati di sicurezza il 7 ottobre?
“Per 15 anni non abbiamo dato retta alla disperazione del popolo palestinese. I palestinesi è chiaro che vogliono rimanere lì dove stanno. Shin Bet, Mossad e l’esercito non avevano capito o non volevano vedere la realtà, il livello di odio e violenza diffuso. Per i palestinesi non c’era più alcuna opzione”.
Perché siamo arrivati fin qui?
“Gli Accordi di Abramo si basavano sulla pericolosa convinzione che la questione palestinese fosse diventata irrilevante. Questo errore di calcolo ha incoraggiato Israele ad approfondire il suo controllo sulla Cisgiordania e a indebolire l’Anp. E ha permesso ad Hamas di colmare ulteriormente il vuoto politico a Gaza e di emarginare l’Anp in difficoltà, presentandosi come l’unico difensore dei diritti dei palestinesi”.
Come è percepita la questione palestinese nei Paesi arabi?
“Mohammed bin Salman nel settembre 2024 ha detto ad Antony Blinken: “Mi interessa personalmente la questione palestinese? A me no, ma al mio popolo sì”. Questa affermazione ha evidenziato una verità più ampia: l’opinione pubblica, anche nelle autocrazie, è diventata una forza che i leader non possono permettersi di ignorare”.
Che ne pensa della reazione israeliana al massacro del 7 ottobre?
“La guerra dello Stato ebraico che ne è seguita è stata giusta. Oggi sta diventando ingiusta, immorale e controproducente, spostando la responsabilità della catastrofe umanitaria a Gaza da Hamas a Israele”.
Qual è il suo parere sul risultato militare raggiunto ad oggi dallo Stato ebraico?
“Nonostante il suo principale obiettivo militare smantellare l’infrastruttura terroristica di Hamas sia stato ampiamente raggiunto, l’assenza di una visione a lungo termine ha lasciato Israele, Gaza e la regione in uno stato di caos. Le guerre senza un chiaro obiettivo politico non possono essere vinte. Non possono essere terminate”.
Come si sconfigge Hamas?
“Il potere di Hamas si basa sulla
disperazione. Prospera grazie all’assenza di alternative. Ma se venisse offerto un percorso credibile e sostenuto a livello internazionale che vada verso la creazione di uno stato palestinese, l’attrattiva di Hamas crollerebbe”.
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