Salute

Caro onorevole Occhiuto, con le sue dimissioni ho scoperto il ritorno della monarchia in Calabria

di Fiore Isabella

Onorevole Occhiuto,

Lei non immagina con quanta sorpresa, grazie a Lei, ho scoperto il ritorno della monarchia in Calabria; il ritorno, spero solo virtuale, a prima del 2 giugno 1946 è, appunto, merito Suo che in un solo annuncio, a pronto effetto mediatico, ha comunicato al popolo suddito la provvisoria discesa dal trono e la indiscutibile risalita nel prossimo autunno. Una sorta di personale stand-by istituzionale di cui non si dovrebbe trovar traccia nella Repubblica Italiana alla veneranda età di 79 anni.

Eppure Lei, con stile da comunicatore da ancien regime, riesce a farlo con una spontaneità imbarazzante. Non mi soffermo sulle ragioni della scelta da Lei individuate negli avvisi di garanzia che in un paese non ancora monarchico Le sono pervenuti a Sua tutela, e non certo a titolo di condanna preventiva. Mi soffermo, piuttosto, sul colpo mortale che con il Suo gesto ha inferto all’idea di politica, quella con la “P” maiuscola, che consente a tutti i cittadini chiamati a votare di partecipare, almeno formalmente, alla scelta di un candidato che possa rappresentarne le istanze. A questo aspetto, che implica un legame non autoritario ma empatico con l’elettorato, Lei non dà voce, tant’è che scarica il disagio che sta vivendo con una critica severa al ruolo della Magistratura: “La storia della Calabria degli ultimi 30 anni dice che ogni presidente è stato coinvolto in una vicenda giudiziaria, poi magari archiviata, ma insieme all’archiviazione segue anche la fine politica.”

Poi conclude con questo appello: “Ho detto ai magistrati di lavorare con la giusta serenità, ma i tempi della giustizia non sono i tempi del governo, che sono più veloci. Quindi dico ai calabresi: decidete voi se volete fidarvi ancora del vostro presidente”. Lei ha omesso di inserire, anche da Commissario alla sanità regionale, l’invito ad esprimersi sul Suo futuro politico ai poveri cristi, che assistono impotenti all’Armageddon della sanità pubblica in Calabria. Su questo scivoloso versante motivi per dimettersi non mancano e sono facilmente riconducibili:

– agli utenti che ricorrono al pronto soccorso, scontando ore e ore di attesa, perché il personale medico e infermieristico è ridotto all’osso, nonostante la presenza dei bravi medici cubani a corto, però, di strumenti comunicativi efficaci;
– alle vittime delle liste d’attesa e dei calendari chiusi per le prenotazioni delle prestazioni sanitarie, come se il bisogno di tutela dei più fragili (perché i ricchi sanno dove andare e a chi rivolgersi), ridotto a materia burocratica, prescindesse dal peso della loro sofferenza e del loro smarrimento;
– ai malati allettati che aspettano inutilmente il servizio di assistenza domiciliare integrata ma, per le poche figure disponibili, operanti su enormi bacini di utenza sono costretti ad aspettare Godot;
– alla massa di utenti che, non potendo permettersi l’accesso alle strutture private, rinunciano alle cure e si affidano a Santa Rita, l’unica in grado di curare i casi complicati.

Un tono solenne, il Suo, da vera autorità reale, condito dall’immancabile rimprovero alla Magistratura che opera, purtroppo, con i mezzi che la politica volutamente omette di darle e che impediscono ai processi di essere più celeri; una magistratura che si vorrebbe asservita ai nobili e ai potenti esattamente come la sanità di qualità destinata a chi se la può permettere e negata a chi non ce la fa.

Il Suo atto estremo, mi perdoni, mi ricorda il discorso di Luigi XVI rivolto al popolo francese prima di salire sul patibolo: “Muoio innocente di tutti i crimini che mi si imputano e prego Dio che il sangue che state per spargere non ricada mai sulla Francia”. Lei, con le Sue acrobatiche determinazioni, sta giocando una partita doppia: un po’ da Re Sole, un po’ da Luigi XVI. Aspettiamo l’autunno per vedere se, per Lei, ancora resisteranno le giornate di sole o dovrà rassegnarsi ad un malinconico inverno.

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