Busia: “Mafia pronta a infiltrarsi nei lavori del ponte. Rafforzate i controlli”
Giuseppe Busia, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, il progetto Ponte secondo lei rispetta tutte le normative europee?
«Oltre due anni fa abbiamo evidenziato che la scelta di riprendere un vecchio progetto per decreto, senza una nuova gara, avrebbe reso tutto più difficile, col rischio di non rispettare la direttiva europea. Il primo vincolo è di non introdurre modifiche sostanziali a quel progetto: si dovrà dunque costruire il Ponte a campata unica più lungo del mondo, senza poter fare davvero tesoro delle innovazioni dell’ultimo decennio».
E sotto il profilo economico?
«La stessa direttiva prevede che, non avendo fatto la gara, il costo complessivo non possa crescere più del 50%. E qui c’è un problema giuridico delicato: perché la gara era stata fatta molti anni prima, con un importo di poco più di 4 miliardi, lievitati agli oltre 8 miliardi del 2012. Con il 50% in più, si arriva ai 13,5 miliardi previsti oggi. Qualunque imprevisto, finisce per porre un problema di compatibilità con la direttiva Ue».
Insomma, non si può più aggiungere un solo euro?
«Certamente. E tutto questo, sempre che le istituzioni Ue accettino che si parta dalla cifra già raddoppiata di 8 miliardi anziché da quella iniziale di 4. Per questo avevamo suggerito di formulare preventivamente una richiesta alla Commussione Ue sul punto. Quello che sappiamo è che il contratto oggi risuscitato, coi costi più che duplicati, ha già mostrato di non trasferire adeguatamente i rischi sul privato, scaricandolo invece sulle casse pubbliche. Ma c’è di più: si è rinunciato a un progetto esecutivo unitario e di procedere per fasi».
E questa decisione cosa comporta?
«Si cominceranno a costruire le opere a terra, prima ancora di avere i dettagli sullo sviluppo complessivo. E questo rende meno attendibili le stime di costo oggi formulate. Così basta pochissimo per sforare».
Parla di opere a terra: il rischio è che si erigano le due torri e alla fine non ci sia il Ponte ?
«Forse prima ancora delle torri, il rischio è che ci si ritrovi con gli svincoli e i raccordi verso il Ponte, senza avere la certezza di farlo».
Pensa sia stato un azzardo?
«Sarebbe stato opportuno muoversi in un’altra direzione: prima di far rivivere per decreto quel vecchio progetto, che apparteneva a un’impresa privata e aveva perso di valore, lo si sarebbe potuto acquisire a costi minori, per metterlo poi a base di una nuova gara. Si sarebbe speso meno, avendo un progetto molto più avanzato, senza la spada di Damocle delle possibili infrazioni Ue. Con i decreti che si sono susseguiti e ora con l’approvazione del Cipess i privati hanno messo al sicuro i guadagni, mentre il pubblico è esposto a rischi di risarcimenti ingentissimi».
Come prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose?
«Di fronte a questi investimenti, gli appetiti sono tanti. Vanno previste misure rafforzate e, grazie ai cantieri digitali, si può monitorare chi entra fisicamente, perché il rischio di infiltrazioni è altissimo. Noi avevamo proposto disposizioni specifiche».
Il vostro appello è stato disatteso?
«Non si è colta l’occasione dell’ultimo decreto per intervenire».
Questo Ponte alla fine si farà?
«Questo non posso dirlo. Però la scelta di non avere fatto una gara e di non dotarsi di un progetto esecutivo, aumenta i rischi e rende la realizzazione tecnicamente più complessa».
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