il prefetto Giannini svela alleanze, piazze di spaccio e patti criminali
“A Roma la mafia c’è”, ha detto senza giri di parole il prefetto Lamberto Giannini, intervenuto mercoledì 6 agosto a Palazzo San Macuto davanti alla Commissione parlamentare antimafia.
Una frase semplice, ma densa di significato, che rompe un tabù ancora troppo diffuso: quello che vuole la criminalità organizzata lontana dalla Capitale. Nulla di più sbagliato.
Il volto moderno della mafia a Roma
Non più solo estorsioni, racket e intimidazioni. Oggi le mafie si muovono con intelligenza aziendale. “In alcune piazze di spaccio romane – ha spiegato Giannini – sono stati documentati veri e propri rapporti di lavoro tra capi piazza e pusher: contratti, assunzioni, licenziamenti, punizioni. Se i conti non tornano, si viene licenziati o puniti, anche fisicamente”.
Una struttura piramidale. All’apice c’è il “capo piazza”. Sotto di lui, una catena precisa di ruoli: spacciatori al dettaglio, custodi della droga, addetti al ritiro del denaro, assaggiatori. “La cocaina? La mattina è più pura, poi viene tagliata. I prezzi vanno dagli 80 ai 120 euro al grammo”, ha precisato il prefetto, a conferma di un business altamente redditizio e gestito con metodo quasi scientifico.
Camorra e ‘ndrangheta, “patti di non belligeranza” per spartirsi Roma
A Roma le mafie non si fanno la guerra. Si dividono il territorio. “Spesso si instaurano patti di mutuo soccorso”, ha raccontato Giannini. Una strategia che permette a tutti di guadagnare, senza attirare troppa attenzione. È la “pax mafiosa”, un equilibrio sottile mantenuto – secondo gli investigatori – da una figura chiave: Michele Senese, nome pesante della camorra trapiantata nella Capitale. “Anche strutture importanti come la ‘ndrangheta si approcciano a lui con grande rispetto”, ha dichiarato il prefetto.
Il litorale, le curve e il potere
Le ramificazioni, però, non si fermano al centro. La ‘ndrangheta, ad esempio, è fortemente radicata sul litorale romano, in particolare ad Anzio e Nettuno, dove le indagini hanno acceso i riflettori anche su presunti legami con alcune amministrazioni locali.
E poi ci sono i gruppi autoctoni, come i Casamonica a sud della città, legati agli Spada di Ostia. Realtà che si sono fatte spazio e potere nel sottobosco criminale capitolino, fino a costruirsi una propria identità mafiosa.
“Le mafie vengono a Roma per il potere”, ha spiegato Giannini. “Qui c’è l’aeroporto di Fiumicino, il porto di Civitavecchia, le sedi istituzionali. È un centro strategico. E i clan lo sanno”.
Nemmeno gli stadi e le curve sono immuni. L’omicidio di Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik, avvenuto sei anni fa al Parco degli Acquedotti, è stato un punto di svolta. “Ha cambiato le dinamiche criminali”, ha ammesso il prefetto. “Nei grandi contesti aggregativi, come le curve, bisogna tenere sempre alta la guardia: lì si fa business”.
La speranza? “È il momento giusto per colpire”
Nonostante lo scenario inquietante, Giannini non si è detto scoraggiato. Anzi. “In questi mesi abbiamo emesso 67 interdittive antimafia. Gli investigatori e la procura stanno facendo un lavoro straordinario. È un momento favorevole: se arrivano forze fresche, possiamo ottenere risultati importanti”.
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