Sicilia

A Catania si spara ancora: la lite e poi i colpi di pistola

Il quarto episodio in pochi giorni

I carabinieri allertati da una segnalazione al 112. Ma quando sono arrivati in via Acquedotto Greco non c’era più nessuno.

Di Laura Distefano |

Si spara ancora a Catania. Questa volta in via Acquedotto Greco. Siamo vicino a piazza Risorgimento, nella zona di via Medaglie D’Oro. Al 112 è arriva la segnalazione di una lite: i due contendenti avevano i toni di voce molto alta. Quasi urlavano. Poi si sono sentite delle esplosioni. SI è subito pensato a dei colpi di pistola. Quando sul posto sono arrivati i carabinieri non c’era però nessuno. Ma le tracce della sparatoria erano ben evidenti: sull’asfalto infatti sono stati rinvenuti alcuni bossoli. Pare che non risultino feriti. Ma gli accertamenti sono in corso. L’indagine sulla quarta sparatoria avvenuta a Catania nel giro di una manciata di giorni è già scattata.

Il weekend di fuoco

Su quanto è avvenuto lo scorso weekend c’è da dire che ci sono dei collegamenti fra quanto avvenuto a Nesima e a San Cristoforo. Venerdì sera due giovani in scooter sono arrivati alla rotonda di via Ammiraglio Caracciolo, il passeggero ha cominciato a esplodere colpi a ripetizione contro la gastronomia “La Piramide”. Erano le 21,30. Il giorno dopo, sabato all’alba, qualcuno armato di una pistola ha sparato contro la porta di casa di un ventenne pregiudicato in via Mulini a Vento. Da Nesima a San Cristoforo. Un doppio avvertimento nei confronti di chi avrebbe “osato” alzare la voce. Uno screzio fra due gruppi di malandrini, fra crack e corse di cavalli, ha portato ad armarsi. Non c’è alcuna richiesta di pizzo dietro queste azioni militari.

Lo scenario che si delinea è allarmante. I 40 bossoli trovati in via Ammiraglio Caracciolo e i proiettili 7.65 rinvenuti in via Mulini a Vento farebbero parte di un unico canovaccio criminale. Regia diversa invece avrebbe l’episodio di viale Mario Rapisardi: il gioielliere a cui è stata danneggiata la vetrina a colpi di calibro 9 è tornato a provocare sui social, dopo aver rimosso i video registrati immediatamente dopo aver saputo degli spari. Un atteggiamento che rischia davvero di far precipitare la situazione.

La mala di Catania assomiglia sempre di più a quella di Napoli, città dove nasce il pericoloso fenomeno delle “stese”. Cioè i motociclisti che sparano in aria per “marcare” il potere criminale del territorio. Ma anche una sorta di “guanto di sfida” per il rivale. Nel 2015, a Napoli, fu ucciso il giovanissimo boss della Camorra, Emanuele Sibillo. Stava partecipando all’ennesima dimostrazione di forza: quando qualcuno del fronte opposto decise però di non piegarsi e sparò. Sibillo morì crivellato dalle pistolettate. I rischi del mestiere?

E se venerdì sera da quella rotonda di via Ammiraglio Caracciolo fosse passato qualcuno? E se una mitragliata finiva per colpire invece di vetrate e muri una persona? Sette sparatorie in due mesi, con modalità molto simili, non sono uno scherzo da sottovalutare. Polizia e carabinieri, che indagano, non lo fanno. Non lo fa la procura che coordina le indagini. Ma dalla politica, dalle forze sociali e imprenditoriali c’è il totale silenzio. Eppure quello che sta accadendo non sono – come si può pensare – “fatti loro”. Sono fatti della città.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA





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