Socialista, giovane e di origine straniera: il nuovo corso dem anche a Minneapolis
La nuova generazione del partito democratico americano guarda sempre più a sinistra, e non solo a New York. Dopo che a fine giugno il socialista 33enne Zohran Mamdani ha ottenuto una sorprendente vittoria alle primarie per la carica di sindaco della Grande Mela, sconfiggendo il favorito Andrew Cuomo, a Minneapolis si consolida l’ascesa di Omar Fateh, anche lui candidato a primo cittadino. Forse parlare di un “effetto Mamdani” in altre città Usa è eccessivo, ma sicuramente rappresenta il segnale che tra i dem si sta accentuando la frattura tra l’establishment centrista e l’ala ultra progressista emergente, animata dall’opposizione alla guerra di Israele a Gaza e dalla richiesta di alloggi a prezzi accessibili.
A seconda di come si evolverà, la contesa tra queste fazioni potrebbe avere implicazioni non solo per le elezioni di medio termine del 2026 ma anche, più in generale, per il futuro corso di un partito che cerca un’alternativa convincente a Donald Trump. Se verrà eletto a novembre Mamdani – nato in Uganda e arrivato a Nyc con la famiglia quando aveva sette anni – diventerà il primo musulmano e indiano-americano a guidare la capitale finanziaria del mondo con un’agenda incentrata sui servizi pubblici, il controllo degli affitti, l’aumento delle tasse per i ricchi e del salario minimo. Nella città del Minnesota, Fateh viene ormai soprannominato il “Mamdani di Minneapolis”: 35anni, anche lui socialista democratico, rappresenta una rottura con il passato e si è assicurato l’appoggio del partito locale (il Democratic-Farmer-Labor Party) contro il sindaco in carica Jacob Frey. Attualmente senatore del suo stato, è figlio di immigrati somali e ha messo l’emergenza abitativa e l’aumento del salario minimo al centro del programma. Secondo il Wall Street Journal è la prima volta in 16 anni che il Dfl di Minneapolis appoggia un candidato sindaco, e Fateh lo definisce un segnale che gli elettori “ne hanno abbastanza di promesse non mantenute”, mentre diversi esponenti del partito non celano la preoccupazione. Il governatore del Minnesota Tim Walz, candidato alla vicepresidenza lo scorso anno, ha espresso il suo sostegno a Frey, definendolo “un partner di cui mi posso fidare per attuare politiche progressiste che migliorino la vita delle persone”. Mentre altri funzionari dell’Asinello avvertono che il giovane potrebbe mettere a repentaglio le possibilità dei dem in uno stato ormai vitale per le elezioni nazionali. Una posizione espressa nei giorni scorsi anche dallo stratega repubblicano Karl Rove, secondo cui “più persone come lui rappresentano il volto del partito democratico, più difficile sarà per loro riconquistare gli elettori”.
D’altronde la cautela tra l’establishment di sinistra regna pure a New York, dove due dei più importanti esponenti dello stato – il leader della minoranza al Senato Chuck Schumer e il leader della minoranza alla Camera Hakeem Jeffries – si sono finora astenuti dall’appoggiare Mamdani.
E ora gli occhi sono puntati su Seattle, dove domani la progressista Katie Wilson sfida alle primarie il sindaco in carica Bruce Harrell: i due sono testa a testa nella raccolta fondi, un risultato definito “sorprendente” dal consulente politico locale Sandeep Kaushik.
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