Toscana

La telefonata al babbo, la bomba e la medaglietta. Roberto morto nella strage di Bologna


Alle 10.25 il boato. Quello che accadde il 2 agosto 1980 alla stazione centrale di Bologna è stata una delle pagine più tragiche della storia recente del Paese. In quell’attentato, rivendicato da gruppi di matrice neofascisti, persero la vita 85 persone e oltre 200 rimasero ferite. Fu il più grave atto terroristico avvenuto in Italia dal secondo dopoguerra in poi. 

Nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione affollata di turisti e di persone in partenza o di ritorno dalle vacanze, un ordigno a tempo, contenuto in una valigia abbandonata, venne fatto esplodere e causò il crollo dell’ala ovest dell’edificio. La bomba era composta da 23 chili di esplosivo, una miscela di 5 chili di tritolo e T4 detta “Compound B”, potenziata da 18 chili di gelatinato (nitroglicerina a uso civile).

In quell’attentato, perse la vita anche l’anghiarese Roberto Procelli che quel giorno stava tornando in licenza al suo paese, dalla famiglia e dagli amici. In suo onore alle 21 di questa sera, in piazza del Popolo sarà consegnato il Premio Procelli offerto dalla Banca di Credito Cooperativo di Anghiari e Stia ai migliori diplomati della scuola media e superiore residenti nel comune. A seguire è previsto il concerto di Pietro Adragna, eccellenza del panorama musicale e campione del mondo di fisarmonica.

Roberto, morto mentre telefonava a casa

Quando la bomba esplose stava chiamando casa. Voleva confermare l’orario del treno che avrebbe preso. Il suo corpo venne trovato poco distante dalla cabina telefonica da dove aveva parlato col babbo. Aveva ancora la medaglietta al collo con incisi il suo nome e cognome. Fu grazie a quella che lo identificarono. Il primo a ottenere indietro un nome e un cognome. Roberto Procelli aveva 21 anni, abitava a San Leo di Anghiari e in quegli anni prestava servizio di leva nel 121° Battaglione di artiglieria leggera di stanza a Bologna. Quel giorno avrebbe dovuto riabbracciare i genitori, gli amici, i parenti e Stefania, la sua fidanzata. Sognava un futuro fatto di partite di pallone con gli amici, serate in famiglia e una vita tranquilla da trascorrere in quell’angolo di mondo dove era cresciuto: San Leo d’Anghiari. In una manciata di istanti quel futuro tanto desiderato è stato spazzato via, ridotto in cenere da una bomba che ha squarciato la stazione di Bologna. “Era un ragazzo molto serio, di poche parole – raccontò Rinaldo Procelli al Resto del Carlino subito dopo i funerali di Roberto – non era un musone, ma neppure un giovane molto espansivo. Scherzava volentieri con gli amici di qui, con la nonna. Aveva la passione del gioco del pallone; metteva lo stesso impegno a studiare e a lavorare la terra. A San Leo c’era tutto il suo mondo, ma si era trovato bene anche a Bologna, sia con i commilitoni sia coi superiori”.


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