Edilizia scolastica, fame nel mondo, calamità: assegnate le risorse dell’8 per mille allo Stato
ROMA – In testa c’è l’edilizia scolastica. Poi la fame nel mondo e le calamità naturali, seguiti dalla conservazione dei beni culturali. In coda l’assistenza ai rifugiati e ai minori stranieri non accompagnati. Ecco la ripartizione della quota dell’8 x per mille a diretta gestione statale, quella che corrisponde alle scelte fatte dai contribuenti quando compilano la dichiarazione dei redditi.
Le voci compaiono accanto alla casella “Stato” nella sezione dedicata del 730. Il contribuente può scegliere, quindi, di indicare una destinazione puntuale per l’importo che intende dare allo Stato italiano.
Dalle scelte ai fondi
Il governo ha ripartito le risorse per il 2024. A deliberare la suddivisione è stato il Consiglio dei ministri che si è riunito a Palazzo Chigi il 30 luglio.
In tutto 202 milioni. La quota espressa ammonta a 128 milioni, mente quella inespressa, destinata genericamente allo Stato, è pari a 73 milioni. Da quest’ultimo importo deve essere stralciato il 20% (14,7 milioni), che la legge destina all’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics).
La quota espressa è ripartita così:
– edilizia scolastica: 59,1 milioni
– fame nel mondo: 19,2 milioni
– calamità naturali: 25,4 milioni
– conservazione dei beni culturali: 24 milioni
– assistenza ai rifugiati e ai minori stranieri non accompagnati: 9,6 milioni
Restano 58,9 milioni (la quota inespressa netta) che, come l’anno precedente, vengono destinati alla categoria “Prevenzione e recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche”.


Come funziona l’assegnazione
Con lo schema di delibera all’esame del Consiglio dei ministri è stata la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a proporre la ripartizione della quota dell’otto per mille dell’Irpef a diretta gestione statale.
Le procedure per la gestione di questa quota sono previste da un decreto del Presidente della Repubblica (n. 76 del 1988). L’istruttoria e la valutazione delle domande di contributo sono condotte dal Dipartimento per il coordinamento amministrativo (Dica) della presidenza del Consiglio. Il processo viene supportato da apposite commissioni tecniche e si conclude con la predisposizione di cinque schemi di Dpcm, uno per ogni categoria di intervento.
“Eventuali residui” anche alla Chiesa cattolica
Le risorse assegnate a ogni categoria di intervento sono quelle attribuite dai contribuenti. A questi importi vanno sommate le somme confluite l’anno scorso nel bilancio della presidenza del Consiglio come “variazioni”. Sono restituzioni da parte dei beneficiari in seguito a provvedimenti di revoca o decadenza del contributo, ma anche somme che ritornano allo Stato per via delle rinunce. Dentro questo capitolo ci sono anche i risparmi di spesa degli stessi beneficiari rispetto ai fondi ricevuti.
Se rispetto alla ripartizione dovessero avanzare “eventuali risorse”, il governo ha già deciso cosa farne. Saranno assegnati con una nuova delibera per due categorie di interventi. La prima tiene dentro “scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale, nonché scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica”. La seconda è relativa a interventi straordinari da parte dello Stato per la fame nel mondo, le calamità naturali, l’assistenza ai rifugiati e ai minori stranieri non accompagnati, la conservazione di beni culturali, e l’edilizia scolastica. Ma anche per la prevenzione e il recupero dalle tossicodipendenze e dalle altre dipendenze patologiche, oltre che per le esigenze di culto della popolazione da parte della Chiesa cattolica, il sostentamento del clero e “interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di Paesi del terzo mondo”.
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