Emilia Romagna

I Nar verità di comodo


Alla vigilia del nuovo anniversario dalla strage della bomba di Bologna, in cui morirono 85 persone e 200 furono ferite, si rincorrono gli appelli alla memoria e alla giustizia delle istituzioni, dall’associazione dei Famigliari delle vittime fino al presidente della Regione Michele de Pascale. Tra le dichiarazioni che arrivano alle redazioni dei giornali ne spunta una piuttosto particolare: quella della Rete dei Patrioti, movimento cittadino di estrema destra che, negli ultimi tempi, si è reso protagonista a Bologna di “ronde per la sicurezza” in stazione, manifestazioni contro il degrado in Bolognina e cortei in ricordo delle foibe. E che definisce quella sulla strage di Bologna una “verità di comodo”.

Le sentenze definitive? Una “versione ufficiale che inchioda i Nar”

La via verso la verità sull’attentato delle 10:25 del sabato 2 agosto 1980 è sempre stata tortuosa, spesso deviata da reticenze e depistaggi. Le sentenze definitive hanno dato però un volto agli esecutori: i terroristi neri Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini, Gilberto Cavallini, tutti condannati all’ergastolo in via definitiva e tutti affiliati ai Nuclei armati rivoluzionari. Il quinto, Paolo Bellini, in Appello.

Nonostante le montagne di documenti, archivi giganteschi (e non ancora digitalizzati) e anni di indagini della magistratura, per i Patrioti quella sui Nar è, appunto, “una verità di comodo”, una “versione ufficiale” che “inchioda i Nar ma ignora con ostinazione le piste palestinesi, i depistaggi interni, i giochi incrociati dell’intelligence euro-atlantica”.

La verità in mano al “potere narrativo”

Come hanno ricostruito le stesse sentenze che i Patrioti attaccano definendole “scritte col piombo della storia a senso unico”, la pista Palestinese e altre ricostruzioni rientravano nella grande macchina del depistaggio foraggiata da Licio Gelli della loggia P2 e dal suo braccio destro, Umberto Ortolani, individuati come finanziatori della strage. La bomba vede implicati anche i servizi segreti, in particolare l’allora capo dell’Ufficio affari riservati, Federico Umberto D’Amato, e l’allora direttore del settimanale neofascista Il Borghese nonché senatore del Movimento sociale italiano, Mario Tedeschi, entrambi affiliati alla P2.

Per il movimento di estrema destra bolognese, ci sarebbe un “potere narrativo” che “regge le redini” della verità anche di un’altra strage, quella di Ustica, quando un mese e mezzo prima della bomba in stazione, il 27 giugno 1980, un aereo Itavia decollato da Bologna e diretto a Palermo è stato abbattuto nell’ambito di un’operazione militare (anche questo provato da alcune prime sentenze) e morirono 81 persone.

L’Europa tra “tecnoburocrati apolidi” e “vangelo mainstream”

Nel comunicato a sfumature complottiste, si accenna anche ad altre ricostruzioni alternative e mai provate come il Lodo Moro, cioè l’idea che la bomba sia stata una rappresaglia ordita dai terroristi palestinesi in seguito all’uccisione dell’allora presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Anche questa suggestione, durante le inchieste, è finita in un’archiviazione.

I Patrioti fanno riferimento anche a una presunta “Europa colonizzata da tecnoburocrati apolidi” dove “chiunque osi dissentire dal vangelo mainstream viene crocifisso mediaticamente”. Quindi la criptica conclusione: “Ma oggi più che mai occorre squarciare il velo e riprenderci la sovranità anche sulla nostra memoria”. Non si capisce, però, come.


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