Società

Mi sono innamorata di te (il mio gatto)

Il meditatore supremo Dylan, adottato nel 2016, ci ha lasciati ad aprile dopo 8 anni e mezzo di convivenza. Dylan è arrivato da noi un ottobre di nove anni fa. La veterinaria che mesi prima aveva addormentato la mia Mici (una comune esemplare tuxedo che però a me sembrava elegantissima nel suo bianco e nero) pensava meritassi un gatto vivace e affettuoso dopo 15 anni di gatta autistica, invisibile a tutti ma presentissima a me.

Insomma, quel giorno di inizio autunno la veterinaria aveva suonato a casa nostra con un batuffolo stropicciato e malaticcio tra le mani. Dylan arrivava dalla Puglia, la mamma uccisa da un’auto e lui e le sue sorelle portati al Nord da una milanese in vacanza. Le piccole adottate, lui rifiutato perché in apparenza non troppo sano. «Lo tenete per una notte?», ci ha detto velocemente porgendo un barattolo con una brodaglia che costituiva secondo lei la giusta alimentazione per un piccolo felino. Dylan, però, non è rimasto una notte, ma otto anni e mezzo. Quella sera l’ho guardato e ho pensato: «Sei un gatto di strada, non è che questa sarà per te una prigione?». Il mio solito vittimismo, poi però mi sono detta: lo riempirò di amore perché si senta protetto per sempre.

Mi sono innamorata di te

L’abbiamo chiamato Dylan, in onore di Bob, cantautore che quel giorno aveva vinto il Nobel per la letteratura, ma anche la mia passione per le poesie di Dylan Thomas. Dylan si è presto dimostrato affettuoso, intelligente, avido di cibo come un Labrador, simbiotico con il suo papà e bulletto con la mamma. Per anni mi ha svegliata alle 4 ogni mattina. Quando non c’ero, però, il suo sonno proseguiva fino alle 7. Dylan è stato la migliore aggiunta alla nostra famiglia. Lui che non aveva avuto il privilegio di una mamma nei primi mesi di vita, ogni notte dormiva accucciato al suo papà, o a me in sua assenza, come un bambino. Presenza magica nella casa, era problematico nel suo rapporto con il cibo. L’immagine che mi fa ancora sorridere è di lui sul balcone, la sera, sguardo rivolto al tramonto con il suono degli uccelli intorno. Perso nei suoi pensieri e visibilmente felice. Un piacere solitario. Perché un gatto ti insegna questo: a rispettare i confini, ad accoglierlo quando vuole essere accolto, a condividere il suo desiderio di pace. Messaggio trasmesso nel suo caso con una zampata senza unghie. Le sue buone maniere erano tutte per gli estranei: correva
incontro a chi entrava in casa, curioso, e si piazzava al centro del tavolo per non perdersi niente di ogni conversazione con gli amici. Era il suo lato mondano e pettegolo, i gatti osservano tutto, si sa. Essere al centro dell’attenzione lo ripagava delle ore che doveva trascorrere da solo.


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