Motorhead – The Manticore Tapes
Non un semplice album ma un documento d’archivio imperdibile, che ci restituisce i Motörhead in una fase primordiale ma cruciale della loro carriera. Un disco che ogni appassionato di hard rock dovrebbe ascoltare, non tanto per la qualità – il meglio, come si suol dire, doveva ancora arrivare – quanto per il suo valore storico. “The Manticore Tapes” raccoglie, in versione restaurata e rimasterizzata, le prime tracce registrate da Lemmy Kilmister insieme ai membri storici della band: il chitarrista “Fast” Eddie Clarke e il batterista Phil “Philthy Animal” Taylor.

Era l’agosto del 1976 quando il trio britannico, ancora lontano dal debutto ufficiale, decise di incidere un provino sfruttando i potenti mezzi dei Manticore Studios di Fulham, a Londra, di proprietà del supergruppo progressive Emerson, Lake & Palmer. Solo un anno prima, nel 1975, Lemmy aveva lasciato gli Hawkwind per dare vita a un progetto musicale radicale: una band dura, pesante e grezza, ispirata all’hard rock e al garage di scuola Detroit. Non a caso, i Motörhead nacquero come una sorta di risposta inglese agli MC5, gruppo profondamente ammirato da Lemmy.
Col tempo, però, la band prese una direzione leggermente diversa, probabilmente più complessa, fondendo le sonorità acide e apocalittiche di Blue Cheer e Black Sabbath con la strafottenza e la velocità del rock grezzo e frenetico cresciuto tra i fumi della Motor City.
“The Manticore Tapes” rappresenta un primo assaggio del sound tipicamente “motörheadiano”: ancora un po’ acerbo, certo, ma già esplosivo, eccitante e spudoratamente rock ‘n’ roll. Un fiume elettrico in piena che travolge l’ascoltatore con la forza di un suono live, registrato in presa diretta, rivoluzionario e innovativo per l’epoca. Un ibrido istintivo e brutale, sospeso tra due generi ancora in via di definizione: il metal e il punk rock.
Nessuno dei brani qui inclusi è realmente inedito, ma è come se lo fosse. È entusiasmante – persino rigenerante, verrebbe da dire – ascoltare per la prima volta versioni alternative di pezzi leggendari come “Vibrator”, “The Watcher”, “Motörhead” e “Iron Horse/Born to Lose”: ruvidi e spigolosi come ogni demo che si rispetti, eppure perfetti nella loro spontaneità, suonati dai Three Amigos in un momento di piena scoperta delle loro immense potenzialità.
L’ascolto ideale per celebrare come si deve il 50° anniversario dei Motörhead e crogiolarsi nella nostalgia per tre musicisti straordinari che ci hanno lasciati troppo presto.
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